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Sostanzialmente invariate le caratteristiche fondamentali della fisiologia riproduttiva

L’età al menarca e quella alla menopausa, il rischio di sterilità e il rischio di aborto spontaneo non sembrano essersi modificate per le italiane attualmente in età riproduttiva rispetto alle loro madri. L’incremento di incidenza dei casi di sterilità e degli aborti spontanei, che i giornali ogni tanto denunciano, in gran parte è dovuto allo spostamento in avanti del calendario della riproduzione.
Tra menarca e menopausa
Nei paesi sviluppati l’età mediana al menarca è oggi intorno a 13 anni, risultato di un declino secolare realizzatosi soprattutto nel ventesimo secolo, dovuto essenzialmente al miglioramento dell’alimentazione. I dati di un’indagine del 2006 riferiti alla popolazione italiana confermano i risultati raggiunti in altri studi precedenti (Tavola 1). 
Nel complesso in Italia l’età media al menarca è di 13 anni e l’età mediana (ossia l’età in cui ha avuto il menarca il 50% delle donne) di 12 anni. L’età media è pressoché costante nelle varie generazioni nate dal 1937 in poi, ma l’analisi della distribuzione per età mostra che le donne più giovani, quelle nate al Sud e le primogenite sono un po’ più precoci. L’età mediana alla menopausa è di 50-51 anni, ma la distribuzione delle età attorno al valore mediano è più dispersa di quella dell’età al menarca. Prima di 45 anni sono generalmente compresi il 10-15% dei casi, prima di 50 anni meno del 50% e prima di 55 anni il 90-95%. Con i dati dell’indagine suddetta sul comportamento sessuale degli italiani si ottiene una stima dell’età media alla menopausa di 51,3 anni. A 45 anni risultano in menopausa il 9% delle donne, a 50 anni il 38% e a 55 anni il 92%. Ne consegue che per le donne italiane la differenza tra l’età media alla menopausa e l’età media al menarca è di 38 anni. Nel corso degli ultimi decenni questo periodo è leggermente cresciuto per la diminuzione dell’età al menarca. Tale diminuzione – sia pur contenuta – è rilevante dal punto di vista psicologico, medico ed educativo, ma ha significato limitato per la natalità che nell’Italia di oggi riguarda in misura limitatissima i primi anni della vita fertile. Diverso è il discorso per l’esposizione ai concepimenti, perché il menarca più precoce e l’anticipata apparizione dei tratti sessuali secondari possono trascinare verso il basso l’età ai primi rapporti completi, accentuando il rischio di gravidanze indesiderate.
La sterilità non è in aumento
Se una coppia incontra difficoltà a iniziare una gravidanza, ciò può dipendere da cause imputabili alla donna, all’uomo o ad ambedue, senza che ciò significhi che la coppia sia totalmente sterile. Una stima su dati che provengono da coppie che, a seguito di tali problemi, hanno consultato un ostetrico o un ginecologo darebbe 35% di cause imputabili alla donna, 20% imputabili all’uomo, 38% imputabili ad ambedue e 8% di origine ignota. Altre stime danno ripartizioni diverse: ad esempio, una stessa incidenza di cause imputabili alla donna o all’uomo (35% per ciascuno) e il restante 30% equamente ripartito tra cause imputabili ad ambedue e a cause ignote. La proporzione di coppie sterili aumenta con l’età, fino a raggiungere la totalità delle coppie col sopraggiungere della menopausa o dell’andropausa Al riguardo si distingue tra la sterilità primaria, cioè quella che sussiste fin dall’inizio della vita di coppia e la sterilità secondaria che sopraggiunge successivamente e include anche possibili conseguenze associate ai parti e all’insorgenza di patologie. La proporzione di coppie sterili non è nota a priori e raramente viene calcolata con studi clinici. Essa usualmente viene stimata mediante i dati di fecondità di popolazioni che non fanno uso di contraccezione, oppure con dati retrospettivi da indagine, prevalentemente sulla base della lunghezza dei tempi di attesa di un concepimento in presenza di rapporti sessuali continuativi e senza uso della contraccezione. Con i dati dell’indagine nazionale su fecondità e famiglia del 1995-96 si possono avere alcuni indizi sul livello di sterilità primaria della coorte di donne italiane nate nel 1945-50: il 9% di loro non ha avuto figli, il 5,5% fra le coniugate. Fra queste ultime, solo l’1,5% non ha avuto figli per scelta, mentre il 4% non è riuscito ad averne. Quest’ultima proporzione è una buona stima della sterilità primaria di questa coorte. I dati della stessa indagine nazionale sulla fecondità permettono anche di costruire misure della sterilità complessiva per età. Mediamente, il 15% delle donne non nubili in età 20-49 sarebbe sterile (Tavola 2). Nella stessa indagine si chiedeva alle donne di riferire se si ritenevano fisicamente capaci di concepire un bambino. Il 14% di loro ha risposto di no o che era incerto. La percezione della sterilità è più alta tra le coniugate (15%) rispetto alle non coniugate (8%), non dipende dal numero delle gravidanze, e – com’era facile immaginare – è più alta tra le donne senza figli rispetto a quelle con figli. Le donne con sola licenza elementare o senza titolo di studio e residenti al Centro-Nord si dichiarano più frequentemente sterili. Non c’è invece alcuna differenza secondo la condizione professionale. Dunque le coppie italiane sterili fin da quando la donna ha 20 anni non sono più del 5% del totale, ma crescono con l’età, e probabilmente superano il 10% quando la donna ha 35 anni, il 25% quando la donna ha 40 anni, avvicinandosi o superando il 50% quando la donna ha 45 anni. Non ci sono indizi di variazioni nel tempo di questi valori. Di conseguenza, i crescenti problemi di sterilità che affliggono le coppie italiane non sarebbero dovuti tanto a modifiche di tipo fisiologico, quanto ai tempi sempre più ritardati in cui le coppie cercano di concepire un bambino.
La probabilità di concepimento
Per le coppie non sterili, la probabilità di avere un concepimento in un ciclo mestruale, in presenza di rapporti sessuali non protetti, quando le donne sono al culmine della loro potenzialità riproduttiva (fra 20 e 30 anni) oscilla tra 0,2 e 0,3, variando da coppia a coppia. Questi valori si abbassano prima dei 20 anni e dopo i 30 anni. In particolare, la riduzione di tale probabilità (cioè della fecondabilità) diventa sensibile dopo i 35 anni d’età della donna. Con riferimento alla probabilità della coppia di avere un concepimento che si conclude con un nato vivo, si stima che all’età della donna di 35-39 anni si avrebbe una riduzione del 13% rispetto all’età di 25-29 anni e del 40% a 40-44 anni, mentre per l’uomo di 40-44 anni si avrebbe una riduzione del 20% rispetto all’età di 30-34 anni. Diversi studi effettuati hanno evidenziato una riduzione della quantità e qualità degli spermatozoi in vari gruppi di popolazione. Tuttavia le conseguenze di tale riduzione sulla fertilità maschile sarebbero modeste. Dunque gli studi disponibili non sembrano mostrare variazioni di rilievo nella fecondabilità nelle donne di oggi rispetto alle generazioni precedenti. Come abbiamo già visto per la sterilità, l’aumento delle difficoltà ad avere figli sarebbe dovuto essenzialmente ai tempi ritardati con cui le coppie ricercano i concepimenti.

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