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Quale impatto dalla migrazione? Il caso dell’Albania

Dopo 45 anni caratterizzati da un forte controllo statale, e scarsa mobilità territoriale, la migrazione è improvvisamente diventata una delle caratteristiche più travolgenti della transizione albanese, e ha portato a profondi cambiamenti sociali, culturali ed economici a livello individuale e familiare, nell’intero paese. Vi sono, in realtà due tipologie di migrazione, interna e internazionale, che sembrano però essere complementari l’una con l’altra: le rimesse dall’emigrazione internazionale facilitano e sostengono lo spostamento interno, che spesso prelude poi all’emigrazione internazionale.
Profondi cambiamenti demografici e sociali
Tradizionalmente, i periodi di maggiore instabilità politica o economica sono stati accompagnati anche da ampi flussi emigratori. Così è stata l’emigrazione di circa 200 mila Arbëresh (o Albanesi d’Italia) giunti nell’Italia meridionale a seguito dell’occupazione dall’Impero turco ottomano (1468–1506), o le migrazioni successive allo stabilirsi del regime socialista, con circa 21 mila albanesi emigrati tra il 1912 e il 1923, e altri 150 mila tra il 1923 e il 1944 (UNDP, 2000). Le ondate migratorie degli anni 90 innescate dal crollo del regime comunista rappresentano quindi uno sviluppo recente, ma non inatteso, del processo migratorio albanese.
Oggi, oltre 1 milione di albanesi vive all’estero, e di questi, oltre 480 mila in Italia (ISTAT, 2012). Secondo i dati provenienti del ultimo censimento demografico in Albania (1° ottobre 2011), la popolazione è ulteriormente diminuita (‑7,7% rispetto al censimento dell’aprile 2001 (INSTAT, 2011), e questo proprio a causa della forte emigrazione. Il declino della fecondità, poi, ha fatto il resto (il TFT è sceso da 5,6 negli anni ’50 a circa 1,6 oggi, secondo i dati UN), e l’invecchiamento generato da questi due processi è ben evidente nella piramide delle età.
Ma non sono questi i soli cambiamenti demografici rilevanti dell’Albania degli ultimi anni. Ad esempio, per la prima volta nella storia, la popolazione urbana (54%) ha superato quella che vive nelle aree rurali (46%), per effetto delle migrazioni interne, dirette principalmente verso la capitale, Tirana, dove vive ormai più di 1/3 degli albanesi [1].
La migrazione, poi, ha comportato mutamenti anche nella struttura familiare. Secondo UNICEF (2009) [2], su una popolazione di poco più di 3 milioni di abitanti, ci sono oltre 4 mila minori che vivono almeno senza uno dei genitori, e che in molti casi non vedranno il genitore assente per più di 5 anni. L’istituto nazionale di statistica (INSTAT, 2012) attribuisce all’emigrazione anche la diminuzione del numero dei matrimoni (-12% tra 1993 e il 2001) e l’aumento del numero dei divorzi (+5,4% tra il 2001 e il 2007).
Le rimesse e il ritorno
Le rimesse degli emigranti tuttora assumono un ruolo fondamentale per molte famiglie albanesi. Anche se dal 2007 dai dati della Banca d’Albania risulta una diminuzione del flusso, esso rappresenta ancora l’8% del PIL (2010) [3]. Questo andamento si può attribuire in parte alla crisi che ha colpito i paesi di destinazione degli emigranti albanesi, e in parte al raggiungimento dello stadio di maturazione del processo migratorio albanese, con l’insediamento definitivo degli emigranti, che tendono quindi a mandare meno rimesse a casa. Nonostante gli sviluppi avvenuti nel sistema finanziario albanese (nel 2011 la Bd’A  ha registrato 530 filiali e agenzie bancarie in tutto il territorio; oltre a 284 ufficio di cambio, quasi la metà dei quali situata a Tirana) e l’innovazione dei nuovi prodotti e/o servizi finanziari, quello che ancora manca sono politiche ad hoc e una collaborazione sinergica tra il settore bancario e quello pubblico per attirare il flusso delle rimesse.
Da un’indagine svolta nell’ambito delle rimesse dall’Università Politenica delle Marche su 200 famiglie nel Distretto di Vlorë nel 2007 [4] è emersa una duplice percezione dell’emigrazione. Da una parte, gli aspetti negativi, come l’abbandono delle aree rurali da parte dei giovani e l’allentamento dei legami familiari (17,6%); dall’altra, però, il ruolo positivo riconosciuto alle rimesse, che costituiscono un aiuto prezioso, di cui beneficiava oltre il 51% degli intervistati (Figura 1).
Nell’87% dei casi, le rimesse ricevute integrano il reddito o la pensione percepita, mentre nel 13% esse costituiscono l’unico mezzo di sostenimento dei riceventi. L’indagine poneva domande retrospettive, che coprivano un arco di 15 anni. Ebbene, nel corso di questo intervallo di tempo è diminuito l’utilizzo delle rimesse per i consumi quotidiani (-51%) e per l’acquisto della prima casa (-32%), mentre è aumentato l’utilizzo per investimenti (+15%) e per l’acquisto della seconda casa (+11%). Questo potrebbe essere un chiaro indice sulle intenzioni di un futuro rientro: tra gli individui più propensi all’investimento risultano infatti quelli che sono rientrati dopo una esperienza emigratoria all’estero e ciò fa riflettere sull’apporto del know how e del capitale umano di cui i migranti di ritorno sono portatori (Figura 2).
Tuttavia, solo il 7,7% di coloro che sono tornati in Albania lo ha fatto perché ha deciso di investire nel paese d’origine: la maggior parte dei rientri è stata invece subita, per la perdita del lavoro e (quindi) della condizione di regolarità e legalità nel paese di destinazione. In questo momento, quindi, a fronte di una minore emigrazione e di un consistente movimento di rientro, l’Albania avrebbe bisogno di forti politiche di reintegrazione dei migranti di ritorno. E’ vero che il Governo albanese ha attuato la Strategia Nazionale sulla Migrazione e il Piano Nazionale d’Azione (già dal 2004), ma la loro efficacia non ha ancora raggiunto i livelli desiderati.
Per saperne di più
Çela E., Moretti E., Ninka E. (2009) “Italy – Albania. The Migrant as a Bridge between two Homelands. The role of remittances”. The Romanian Journal of European Studies. No. 7-8/2009.
INSTAT (2011)
INSTAT (2012)

ISTAT (2012) Demoistat
Moretti E. (2009) (a cura di) Lungo le sponde dell’Adriatico. Flussi migratori e percorsi d’integrazione. FrancoAngeli, Milano.
UNDP (2000) Albanian Human Development Report
Note
[1] ADHS 2008-09 la prima indagine di natura demografica, rappresentativa a livello nazionale svolta nel periodo tra ottobre del 2008 ed aprile del 2009 su un campione di 10.597 individui compresi nelle classi d’età tra i 15 ed i 49 anni.
[2] Tra novembre 2008 e marzo 2009, l’Istituto di Ricerca Urbana in Albania ha condotto un’indagine commissionata e finanziata dall’UNICEF su un campione di 4.798 famiglie in tutto il territorio nazionale che avevano minori da 0 a 17 anni. L’obiettivo principale di questa indagine è stato quello di constatare l’impatto della migrazione sui minori rimasti nel paese d’origine. 

[3] elaborazione propria su dati INSTAT  e Banca d’Albania 

[4] http://cirab.univpm.it/index.php?id_pagina=33. V. anche Çela, Moretti, e Ninka (2009) e Moretti (2009).

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