UN: tutto quello che avreste sempre voluto sapere sulla mortalità
E’ appena uscito il volume UN-DESA di approfondimento sulla mortalità nel 2008, dal titolo Changing Levels and Trends in Mortality: the role of patterns of death by cause. Il rapporto copre tutti i paesi del mondo (oltre 200, ma il rapporto li raggruppa per grandi aree e categorie) e tutte le cause di morte (che sono migliaia, secondo la versione 10 della International Classification of Diseases, o ICD-10 , ma che il rapporto sintetizza in 3 grandi gruppi, e precisamente:
Gruppo 1: malattie contagiose e cause di morte legate alla maternità, al parto e alla nutrizione;
Gruppo 2: malattie non contagiose, di natura degenerativa;
Gruppo 3: cause esterne (incidenti e traumatismi).
Come mostra la Figura 1, al crescere della durata media della vita (dai 55 anni dell’Africa agli 80 dei paesi più sviluppati), cambia anche il peso relativo delle diverse cause di morte. Non tanto di quelle del gruppo 3, che pesano sempre intorno al 10% del totale (beh, tranne che nei paesi sviluppati, dove pesano meno: circa il 5%), quanto quelle degli altri due grandi gruppi. La malattie del Gruppo 1 (quelle contagiose, o legate a nascita e nutrizione), che sono poi anche le grandi cause storiche di morte, prima della transizione epidemiologica, prevalgono (e costituiscono circa il 60% del totale) dove la durata della vita è bassa, ma, man mano che le condizioni della sopravvivenza migliorano, queste cedono il posto alle malattie degenerative. Si può notare, in questo schema generale, la particolarità dei paesi dell’Europa orientale: la loro struttura di mortalità è quella tipica dei paesi a sviluppo avanzato, ma la loro durata media della vita è invece sensibilmente più bassa, intorno ai 70 anni, e comparabile a quella prevalente in Asia.
In parte però, ovviamente, su questi risultati incide la diversa struttura per età della popolazione che si combina con la diversa incidenza per età di queste cause di morte (Figura 2). Alle età molto giovani, i decessi si devono per la quasi totalità (89%) alle condizioni in cui avviene il parto, e poi allo svezzamento dei bambini, che spesso passano dal latte materno a cibi (e, soprattutto, acque) non adeguatamente protetti da microbi e batteri: il loro sistema immunitario non ancora sviluppato li espone a grandi rischi di infezioni intestinali.
Al crescere dell’età e fino a 30 anni, quando i rischi di morte sono in genere molto bassi, le relativamente poche morti che si osservano sono attribuitibli soprattutto a malattie contagiose e, in particolare tra i 15 e i 30 anni, a incidenti e traumatismi. Poi, dopo i 45 anni, prevalgono, e sempre più nettamente, le malattie degenerative.
Nel volume, per alcuni confronti, si prende come standard di riferimento il gruppo di paesi con la più alta durata media della vita, selezionando i 19 (su 230) in cui questa durata supera gli 80 anni. Con un pizzico di orgoglio nazionale ci troviamo l’Italia, accanto ai paesi sviluppati che ci si aspetta di vedere in una lista di questo tipo (Australia, Austria, Canada, Francia, Giappone, Norvegia, Olanda, Spagna, Svezia, Svizzera), ma insieme anche a altri otto paesi che la nostra cultura etnocentrica ci porta, probabilmente, a non considerare. Scommettiamo che non ne indovinate più di due? Provate a immaginarveli prima di andarli a leggere, nell’elenco in nota[1].
Vi diamo un aiutino, immancabile in epoca di quiz televisivi: non ci sono né gli Stati uniti né la Germania. Almeno per una volta, lo spread gioca a nostro favore.
Per saperne di più
UN-DESA (2012) Changing Levels and Trends in Mortality: the role of patterns of death by cause