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Storie dal Rapporto sulla coesione sociale 2012

Frutto della collaborazione tra Inps, Istat e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Rapporto sulla coesione sociale è stato pubblicato il 13 febbraio sui siti di tutti e tre gli enti. Il Rapporto è articolato in due volumi. Il primo, di tipo descrittivo, è a cura del Ministero e vuole essere una guida ai principali indicatori, rintracciabili nel secondo volume, utili a rappresentare la situazione nel nostro Paese. Il secondo consiste, appunto, in una raccolta di tavole sul tema della coesione sociale, una catch-all category che in questo contesto è stata descritta attraverso statistiche riferite ai principali fenomeni oggetto delle politiche indirizzate alla riduzione delle disuguaglianze come il capitale umano, la povertà e l’esclusione sociale, la conciliazione, la salute e la disabilità. Questo core di dati è preceduto da una sezione di statistiche volte a delineare il contesto socio-economico di riferimento, con particolare attenzione alla popolazione e al mercato del lavoro, ed è seguito da un blocco di tavole riferite alle politiche di welfare intese sia come spesa che come offerta di servizi.
CO – Il sistema delle comunicazioni obbligatorie
Questi ultimi due gruppi sono popolati da una moltitudine di dati di fonte Inps e Ministero del lavoro non facilmente reperibili altrove. Di particolare interesse, tra le altre, le statistiche di fonte Ministeriale elaborate a partire dal Sistema delle comunicazioni obbligatorie (CO), in cui sono contenuti dati relativi ai rapporti di lavoro attivati, trasformati e cessati che tutti i datori di lavoro, pubblici e privati sono obbligati a comunicare on-line. Mentre, per quanto riguarda i dati di fonte Inps, si segnalano, in particolare, le tavole sui livelli retributivi dei lavoratori dipendenti, quelle riferite al mondo dei lavoratori parasubordinati e quelle sul sistema di ammortizzatori sociali ed in generale di sostegno al reddito. I dati di fonte Istat, spaziano dalle statistiche socio-demografiche e sul mercato del lavoro, rintracciabili nella prima sezione, alle statistiche sulla povertà, l’istruzione, la conciliazione incluse nel secondo blocco, per concludere con i dati sulla spesa della amministrazioni pubbliche centrali e locali per la protezione sociale e i servizi sociali. Infine, una serie di tavole di fonte Eurostat, permettono di collocare il nostro paese all’interno di un più ampio contesto europeo.
C’è anche l’immigrazione
È difficile delineare un quadro unitario da un quantitativo così importante di informazioni. È però possibile farsi raccontare dai dati alcune storie interessanti.Storie di immigrati per esempio. I dati sul contesto demografico ci dicono che, nel 2010, l’incremento della popolazione in Italia è dovuto al saldo attivo del movimento migratorio con l’estero (+6,3 per mille), che compensa l’effetto negativo del saldo naturale. Gli stranieri residenti nel nostro Paese, al 1° gennaio 2011, sono 4 milioni e 570 mila (+335 mila rispetto all’anno precedente) e costituiscono circa l’8% della popolazione. Le cittadinanze straniere maggiormente rappresentate (sempre al 1° gennaio 2011) sono quella romena (969 mila residenti), la comunità albanese (483 mila residenti) e quella marocchina (452 mila residenti) TABELLA 1. Le tavole sul mercato del lavoro ci dicono, invece, che nel 2010, la retribuzione mensile netta per i lavoratori stranieri (973 euro) ha raggiunto a malapena il 75% della retribuzione dei lavoratori italiani (1.286 euro), divario che si allarga se si guardano le retribuzione delle donne immigrate che non raggiungono nemmeno il 70% di quelle delle donne italiane (1.118) e a mala pena superano il 56% della retribuzione media dei maschi italiani (1.407 euro). Il sistema delle comunicazioni obbligatorie del Ministero del Lavoro ci dice, inoltre, che circa il 19% del totale dei rapporti di lavoro attivati nel primo trimestre 2011 (5.325.885) riguarda lavoratori stranieri (1.026.051). Di questi il 33% sono contratti a tempo indeterminato, il 61% a tempo determinato e il 2% contratti di collaborazione. Un quadro che sembrerebbe favorire i lavoratori stranieri visto che per i lavorati italiani la quota di contratti a tempo indeterminato supera di poco il 19% mentre i contratti di collaborazione salgono all’8,6% D’altro canto, però, i fenomeni della sottoccupazione (che somma gli occupati part-time e quelli che dichiarano di voler lavorare un maggior numero di ore) e della sovraistruzione (che coglie il divario tra il titolo di studio posseduto e la tipologia di lavoro svolto) coinvolge gli stranieri in maniera più intensa degli italiani.In particolare, la sovraistruzione riguarda ben il 42,3% dei lavoratori stranieri (a fronte del 19% per i lavoratori italiani), le più svantaggiate anche da questo punto di vista sono le donne straniere, più della metà delle quali (51,1%) è interessata dal fenomeno TABELLA 2. A questa disparità di genere concorre sia il relativo maggiore livello di istruzione delle donne, sia la loro elevata concentrazione nelle professioni a più bassa qualifica, soprattutto in quelle legate ai servizi alle famiglie.
La spesa sociale
Infine un rapido sguardo ai dati sulla spesa sociale dei comuni singoli o associati ci permette di farci un’idea dei servizi sociali specialmente dedicati ai migranti e ai nomadi. Questa spesa dedicata (circa 180 milioni di euro) rappresenta poco meno del 3% della spesa complessiva (6,6 miliardi di euro) e risulta equamente distribuita tra interventi e servizi (circa 67 milioni di euro), trasferimenti in denaro (circa 53 milioni di euro) e spese per strutture (circa 61 milioni di euro), anche se non è possibile escludere che gli utenti di altre aree di spesa come “Famiglia e minori” o “Povertà e disagio degli adulti” siano a loro volta stranieri. La variabilità territoriale di questo dato è ampia, si passa dal 4,5% nella Provincia Autonoma di Bolzano allo 0,8% della Sardegna).
Per saperne di più
I due volumi del Rapporto e la nota per la stampa sono reperibili al seguente indirizzo www.istat.it/it/archivio