Un intero libro della Bibbia (I Numeri) è dedicato ai Censimenti. Nella cultura ebraica il Censimento era considerato “cosa sacra”, di competenza divina. Così sacra che Davide, nel X secolo a.C., commette un peccato gravissimo quando, in un altro libro del Vecchio Testamento, decide di censire gli israeliti. Anzi non è Davide che lo decide, ma, come recita la Bibbia:“Satana si mosse contro Israele, e incitò Davide a fare il censimento d’Israele”.
Dov’è il problema? Nel libro dell’Esodo (30, 11-14) si legge:
[11] Il Signore parlò a Mosè e gli disse:
[12] “Quando per il censimento farai la rassegna degli Israeliti, ciascuno di essi pagherà al Signore il riscatto della sua vita all’atto del censimento, perché non li colpisca un flagello in occasione del loro censimento.
[13] Chiunque verrà sottoposto al censimento, pagherà un mezzo siclo. Questo mezzo siclo sarà un’offerta prelevata in onore del Signore.
[14] Ogni persona sottoposta al censimento, dai venti anni in su, paghi l’offerta prelevata per il Signore.
(Dal che si capisce che i censiti pagavano per essere censiti – a meno che, ovviamente, non preferissero essere colpiti da un flagello)
Il censimento, dunque, si poteva fare. Ma Davide smette di guardare al popolo come a una proprietà di Dio e vuole il censimento per conoscere lui stesso “il numero della popolazione” (2 Sam 24, 2): peccato di superbia, dunque, legato alle sue ambizioni di potenza.
Davide decide insanamente di effettuare il censimento del suo popolo, nonostante i consigli del povero Joab che, pur contrario alla conta, parte, percorre tutto Israele e consegna a Davide il numero degli Israeliti (per i curiosi: ottocentomila uomini atti a maneggiare la spada – il fine militare è qui abbastanza chiaro), diventando così il prototipo del “rilevatore ideale”. Non proprio perfetto però. Nell’enumerazione infatti non include le tribù di Levi e Beniamino perché “la richiesta del re era per lui abominevole”, determinando evidentemente e scientemente una sottocopertura della rilevazione.
Ma a questo punto la tragedia è inevitabile. Davide ha peccato, arrogandosi un potere troppo grande per lui (e c’è anche la questione della sottocopertura!), se ne rende conto e si pente.
Dio gli concede di scegliere tra tre castighi: tre anni di carestia, tre mesi di fuga davanti a nemici che lo inseguono, o tre giorni di peste. E Davide sceglie la via più breve (nonché quella che meno lo tocca personalmente): la peste, che ucciderà 70.000 israeliti.
Chissà se queste vicende bibliche sono nella memoria storica del nostro Paese, dove nessuno si prende la responsabilità di finanziare il Censimento, a meno di due anni dalla data fissata per la sua esecuzione. È per la paura di punizioni terribili – guerre, carestie, pestilenze – che non si riesce a trovare una via per svolgere una rilevazione che ormai, nel XXI secolo, divinità a parte, è prevista dalle norme internazionali? Tutto sommato forse vale la pena rischiare: la peste, ormai, è una malattia che si può curare. E’ per l’ignoranza dei dati di fatto, e per lo scarso desiderio di conoscerli, che ancora non si sono trovati rimedi.