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Vivere qua, investire qua e là: progetti migratori e rimesse

Oggi circa il 25% della popolazione albanese vive all’estero, prevalentemente in Grecia e Italia[1]. In Italia, gli albanesi costituiscono la seconda comunità straniera dopo quella rumena con oltre 440 mila residenti[2]. Dopo 19 anni di emigrazioni dall’Albania, una domanda sorge spontanea: gli emigrati sono una risorsa strategica per lo sviluppo socio economico del paese di origine?
Investire in emigrazione
Uno degli effetti più importanti prodotti dall’emigrazione nel paese di origine è rappresentano delle rimesse. Durante il 2008, secondo stime ufficiali della Banca Mondiale, gli albanesi hanno mandato a casa circa 1.495 milioni di US$, pari a oltre il 12% del PIL. Questo flusso di denaro è tre volte superiore agli Investimenti Diretti Esteri e più del doppio degli aiuti per lo sviluppo ricevuti dall’Albania, e solo da questo si comprende l’enorme importanza di tali risorse, che hanno avuto un ruolo significativo nell’economia albanese, grazie al sostegno dato in particolare ai consumi, al settore delle costruzione e alla riduzione della povertà[3].
E forse è per questo che la maggior parte delle 200 famiglie albanesi intervistate nella regione di Valona, nell’ambito di un’indagine sulle rimesse svolta nel 2007 dall’Università Politecnica delle Marche[4] afferma che “Il benessere di una famiglia in Albania si misura dal numero dei familiari residenti all’estero”.
Storie di immigrazione e rimesse
In Italia, questa indagine ha coperto due regioni, Marche e Puglia, e coinvolto 400 famiglie albanesi, che hanno inviato in Albania oltre un milione di euro durante il 2007[5]. L’indagine ha rivelato una tendenza alla stabilizzazione, però non necessariamente accompagnata da una piena integrazione economica. Spesso infatti gli immigrati si inseriscono in settori come l’edilizia, l’agricoltura o i servizi domestici, dove l’occupazione rappresenta una forma di sopravvivenza, piuttosto che una forma di integrazione o emancipazione. Lo conferma anche la netta discrepanza tra titoli di studio e lavori svolti.
Nonostante ciò, gli albanesi nelle due regioni sembrano aver raggiunto una posizione economica e lavorativa stabile: la disoccupazione è pressoché inesistente (l’1,5%), e prevale il contratto a tempo indeterminato (52%). I redditi familiari sono più che soddisfacenti (nel 60% dei casi), anche se ai miglioramenti retributivo ottenuti (l’85% dei casi), non sempre corrisponde un avanzamento di carriera (40%).
I ricongiungimenti familiari e la stabilizzazione in Italia hanno causato nel tempo una riduzione delle somme di denaro inviate alle famiglie in Albania. Ma la spedizione di soldi in patria continua, soprattutto per piccoli investimenti. I canali scelti per l’invio delle rimesse continuano ad essere soprattutto quelli informali, rappresentati da amici, parenti e conoscenti (52%). Solo quando si tratta di somme cospicue il trasferimento viene fatto personalmente (91%), poiché in questo modo si influenza la destinazione finale del denaro, di solito per investimenti.
Un futuro in Italia o in Albania?
Dall’indagine emerge l’immagine di un migrante che, indipendentemente dal progetto migratorio futuro (il 37% tornerà in Albania, il 36% non ha ancora deciso dove vivrà nel futuro), vorrebbe mantenere i legami con entrambe le sponde. Come? Anche attraverso gli investimenti (71% del campione).
Tab. 1: Distribuzione degli intervistati secondo i progetti migratori e il paese dove sono stati effettuati gli investimenti (val. ass.)
Progetti Futuri

 

Investmenti in Italia

 

Investmenti in Albania

 

stabilirmi in Italia

 

59

 

65

 

rientrare in Albania

 

24

 

68

 

sono indeciso

34

 

77

 

Totale

 

117

 

210

 

La casa è considerato come l’investimento più importante e sicuro in entrambi i paesi, ma mentre in Italia si investe anche in attività produttive (16%), in Albania si investe piuttosto nella seconda casa. In realtà, molti vorrebbero avviare attività produttive, ma la sfiducia nelle istituzioni albanesi e la percezione di un clima poco sicuro ostacolano gli investimenti.
E forse è proprio questo il primo obiettivo che i policy makers dovrebbero porsi: garantire un clima socio-economico stabile e favorevole, che renda gli investimenti in Albania un’opportunità attraente e redditizia. Non devono essere necessariamente gli emigrati ad investire in Albania, ma questi sono importanti portatori di capitali, che, se opportunamente canalizzati, possono diventare una risorsa fondamentale per le piccole e medie imprese già esistenti sul territorio.
E, collegata a questo, è la possibilità di spostarsi liberamente tra le due sponde. Gli albanesi sono ormai legati affettivamente alle due terre, e si sentono anche un po’ italiani, ma non possono andare e venire liberamente.
L’Albania, che il 1° aprile 2009 è entrata ufficialmente nella Nato, vorrebbe anche far parte integrante dell’Europa, e, nello stesso aprile 2009, ha presentato richiesta ufficiale in questo senso. Ma la risposta è stata negativa, e l’Albania non è entrata nella lista bianca di Schengen, riguardante la liberalizzazione dei visti. I confini, insomma, restano confini, almeno per ora.
Forse è vero che “gli Albanesi credono più nell’Europa che in Dio”, come ha recentemente dichiarato il sindaco di Tirana[6], ma l’Europa è ancora lontana e la strada per raggiungerla è ancora lunga e tortuosa.

[1] ETF, Migration patterns and human resources development issues in Albania, Report, draft, October 2007.

[3] V. http://siteresources.worldbank.org/INTPROSPECTS/Resources/334934-1110315015165/RemittancesData_Nov09(Public).xls. V. anche Aferdite Shani, Dall’Italia all’Albania, a rimessa, 27/05/2009. Secondo uno studio condotto da Instat, Undp e Banca Mondiale c’è una riduzione significativa della povertà tra il 2005 e il 2008, 12,4% della popolazione confrontato al 18.5% del 2005 e al 25,4% del 2002. http://www.undp.org.al/index.php?page=detail&id=123.

 

[5] E. Cela, E. Moretti, “Living here investing here and there: migratory projects and remittances. Theory and evidence from a case study”, in http://iussp2009.princeton.edu/abstractViewer.aspx?submissionId=91633