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Perché proprio nel Nord aumentano i giovani che abbandonano presto gli studi?

Per monitorare l’impatto dei programmi finanziati con i fondi europei, tutti i paesi che li ricevono, fra cui l’Italia, sono obbligati dalla Commissione Ue a dotarsi di un complesso sistema di indicatori statistici. Alcuni di questi riguardano la scuola, come quello sui giovani che abbandonano prematuramente gli studi, ricavato dall’indagine sulle forze di lavoro e aggiornato al 2008. Gli “early school leavers” (questa la più sintetica definizione in inglese) sono i giovani da 18 a 24 anni con al massimo la licenza media inferiore, che non hanno concluso un corso di formazione professionale riconosciuto dalla Regione di durata superiore ai 2 anni e che non frequentano corsi scolastici né svolgono attività formative.

 

Obiettivi europei …

L’Italia ha concordato con l’Unione europea l’obiettivo di ridurre entro il 2013 nel Mezzogiorno la percentuale dei giovani che abbandonano prematuramente gli studi dal 26% al 10%, obiettivo che è ben lontana dal raggiungere non solo nel Sud, ma – come vedremo – anche nel Centro-Nord. Lo stesso obiettivo avrebbe dovuto essere raggiunto nel 2010 secondo la Strategia di Lisbona, più volte riformulata, ma di fatto quasi abbandonata.

In valori assoluti, gli early leavers nel 2008 erano 842 mila, di cui 408 mila nel Centro-Nord e la maggioranza – 434 mila – nel Mezzogiorno. Fino al 2007, si andavano riducendo (meno 147 mila unità dal 2004), come era logico attendersi in un paese che deve recuperare uno storico ritardo. Nel 2008, però, la tendenza si è arrestata, con un aumento relativamente piccolo a livello nazionale (+3 mila unità), che risulta però da un significativo e inaspettato incremento concentrato solo nel Centro Nord (+26 mila), incremento quasi compensato nel totale Italia dal proseguimento della diminuzione nel Sud.

 

… e realtà locali

Forse è più agevole ragionare in termini di percentuali: il 19,7% dei giovani  italiani ancor oggi lascia prematuramente la formazione, percentuale che fino al 2007 è andata diminuendo. Storicamente, nel Mezzogiorno questa percentuale è sempre stata più alta che nel Centro Nord (tab. 1), e la carente qualità del capitale umano meridionale viene indicata come una delle cause principali del permanere di uno scarso sviluppo. Non a caso, le regioni più deficitarie sono Campania e Sicilia con il 26% di early leavers, regioni che si trovano anche in fondo alla classifica economica, mentre le cose vanno meglio in Abruzzo (15,6%) e in Basilicata (13,9%), regioni che sono riuscite a risollevarsi e quindi non ricevono più la forma più intensa di aiuti comunitari.

Dal 2004 al 2007, sia il Sud che il Centro Nord, partendo da livelli diversi, erano riusciti a ridurre il fenomeno, sia pure di poco. Nel 2008, invece, appare un evidente peggioramento in quasi tutte le regioni del Centro-Nord: i giovani “fuori” aumentano dal 13,1 al 15,6% in Veneto, dal 18,3 al 19,8% in Lombardia, e così via anche in Piemonte, in Friuli, nella provincia di Trento e nel Lazio. Solo in Emilia, in Toscana, nelle Marche, in Liguria e nella provincia di Bolzano il miglioramento prosegue.

Conviene forse anche ricordare che Sicilia e Campania risultavano le più penalizzate fra le regioni meridionali anche per l’alta incidenza di un fenomeno simile, quello dei “Neet” –Not in Education, Employment or Training. Al censimento del 2001 nelle due regioni questi erano oltre il 40% dei residenti fra 16 e 24 anni, una classe di età un po’ più ampia di quella presa in considerazione dal precedente indicatore. In generale, le differenze fra Nord e Sud nel caso dei Neet risultano ancora più evidenti, perché nel Nord l’abbandono del sistema formativo si accompagna almeno ad un ingresso precoce del lavoro, riducendo così l’incidenza della condizione “Neet”.

Tab. 1 Giovani che abbandonano prematuramente gli studi(*): Italia, 2004-2008

  2004 2005 2006 2007 2008
   – Nord-ovest 21,5 21,0 18,7 17,9 18,8
   – Nord-est 18,7 18,7 16,7 15,0 16,1
   – Centro 17,1 16,2 14,5 13,8 14,5
   – Centro-Nord 19,3 18,8 16,8 15,8 16,7
   – Mezzogiorno 27,7 27,1 25,5 24,9 23,8
Italia 22,9 22,4 20,6 19,7 19,7

Fonte: Istat, indagine continua sulle forze di lavoro

(*) Percentuale della popolazione di 18-24 anni con al più la licenza media, che non ha concluso un corso di formazione professionale riconosciuto dalla Regione di durata superiore ai 2 anni e che non frequenta corsi scolastici o svolge attività formative.

 

Cause e conseguenze

Se è lecito fare un’ipotesi, va ricercata una relazione fra aumento dei giovani che non studiano e mancata integrazione dei giovani immigrati, arrivati da altri paesi o anche (in maggioranza) nati in Italia da genitori stranieri che già risiedevano qui. Giovani che non vivono nel Sud, ma nelle regioni del Centro-Nord.

Per il nostro paese, se continuiamo ad ignorare la domanda di integrazione dei giovani stranieri, si prepara un futuro di disuguaglianze sociali ancora più ampie di quelle, già profonde, oggi esistenti, con un ritorno di problemi che pensavamo superati per sempre, concentrati proprio in quelle regioni che fino a ieri erano all’avanguardia. A lungo termine, con possibili negative conseguenze anche per la sicurezza, che oggi sembra rappresentare l’unica lente attraverso cui guardare al fenomeno dell’immigrazione.