Cosa studia la demografia oggi? Di cosa si occupano i demografi?
Qualche tempo fa Massimo Livi Bacci scriveva provocatoriamente “La demografia è ciò che i demografi studiano”. Poi suggeriva di andare a guardare l’oggetto di studio della demografia, e cioè la popolazione, per capire qualcosa di più di questa disciplina.
Per accertare i fenomeni rilevanti per la popolazione si potrebbe consultare l’indice dei più diffusi manuali di demografia, o scorrere le sessioni tematiche in cui sono articolati i più recenti convegni sulla popolazione. Proviamo, però a fare una scelta diversa. Diamo retta a Michele Apicella, storico alter ego cinematografico di Nanni Moretti, che alla giornalista che lo intervistava in Palombella Rossa, urlava: “le parole sono importanti”. E proprio partendo dalle parole proviamo a fare qualche statistica sul lessico degli studiosi di popolazione (senza scomodare i termini di “analisi testuale” per questo curioso esperimento) per di cosa parlano o almeno quali termini usano[1].
Parole, parole, parole …
La risposta che ne emerge è sorprendente. Forse sarà un segno dei tempi, ma se consideriamo gli articoli comparsi su Neodemos dalla nascita al giugno 2009 si direbbe che la demografia si occupa soprattutto di lavoro; questa è infatti la parola più ricorrente in assoluto (590 volte)[2].
E’ chiaro che l’esercizio statistico svolto è sostanzialmente meccanico e non va a guardare i reali contenuti, ma proprio per questo ci dice che il tema “lavoro” ha acquisito per gli studi demografici un rilievo primario e trasversale, qualunque sia l’argomento trattato. Certamente i mutamenti avvenuti nel mercato occupazionale negli ultimi anni hanno portato gli studiosi di popolazione a cercare connessioni tra la sfera lavorativa e i comportamenti demografici più di quanto non avvenisse in passato.
Nella graduatoria, seguono, quindi termini più “attesi” nel lessico dei demografi: figli (548 occorrenze), paesi (461 volte), Italia (440 frequenze), donne (409 occorrenze) e anche popolazione (401 frequenze), l’oggetto classico degli studi demografici (Tab. 1).
Questi termini che compaiono nelle posizioni calde della classifica meritano qualche altra riflessione. L’ampio utilizzo della parola “paesi” fa pensare a una demografia che ama particolarmente il confronto con le altre realtà nazionali (anche il termine “rispetto” utilizzato come comparativo compare molto frequentemente).
Tabella 1 – Occorrenze dei sostantivi e aggettivi più utilizzati negli articoli pubblicati su Neodemos nel periodo gennaio 2007- giugno 2009 – valori assoluti e per 10.000
|
Termine
|
Numero assoluto di occorrenze
|
Numero relativo di occorrenze nell’anno (per 10.000)
|
2007
|
2008
|
2009
|
Totali
|
2007
|
2008
|
2009
|
Totali
|
1
|
Anni
|
345
|
297
|
127
|
769
|
50,7
|
39,0
|
34,7
|
42,5
|
2
|
Lavoro
|
215
|
224
|
151
|
590
|
31,6
|
29,4
|
41,3
|
32,6
|
3
|
Figli
|
203
|
216
|
129
|
548
|
29,8
|
28,4
|
35,2
|
30,3
|
4
|
Paesi
|
170
|
194
|
97
|
461
|
25,0
|
25,5
|
26,5
|
25,5
|
5
|
Italia
|
173
|
179
|
88
|
440
|
25,4
|
23,5
|
24,0
|
24,3
|
6
|
Donne
|
153
|
160
|
96
|
409
|
22,5
|
21,0
|
26,2
|
22,6
|
7
|
Popolazione
|
131
|
217
|
53
|
401
|
19,2
|
28,5
|
14,5
|
22,2
|
8
|
Vita
|
145
|
144
|
63
|
352
|
21,3
|
18,9
|
17,2
|
19,5
|
9
|
Parte
|
101
|
150
|
60
|
311
|
14,8
|
19,7
|
16,4
|
17,2
|
10
|
Paese
|
116
|
110
|
60
|
286
|
17,0
|
14,5
|
16,4
|
15,8
|
11
|
Età
|
105
|
114
|
50
|
269
|
15,4
|
15,0
|
13,7
|
14,9
|
12
|
Esempio
|
135
|
82
|
42
|
259
|
19,8
|
10,8
|
11,5
|
14,3
|
13
|
Famiglia
|
115
|
69
|
46
|
230
|
16,9
|
9,1
|
12,6
|
12,7
|
14
|
Fecondità
|
86
|
112
|
29
|
227
|
12,6
|
14,7
|
7,9
|
12,6
|
15
|
Stranieri
|
97
|
71
|
47
|
215
|
14,3
|
9,3
|
12,8
|
11,9
|
16
|
Giovani
|
118
|
62
|
29
|
209
|
17,3
|
8,1
|
7,9
|
11,6
|
17
|
Famiglie
|
77
|
87
|
41
|
205
|
11,3
|
11,4
|
11,2
|
11,3
|
18
|
Tempo
|
77
|
99
|
26
|
202
|
11,3
|
13,0
|
7,1
|
11,2
|
19
|
Crescita
|
71
|
87
|
42
|
200
|
10,4
|
11,4
|
11,5
|
11,1
|
20
|
Numero
|
64
|
95
|
23
|
182
|
9,4
|
12,5
|
6,3
|
10,1
|
Note (a) Nella tabella figurano solo i termini ai quali è chiaramente attribuibile un significato, sono stati esclusi termini di uso comune come preposizioni, congiunzioni, avverbi, ecc. Tuttavia nel calcolo del totale delle occorrenze sono considerate anche queste forme di uso comune che chiaramente hanno un numero di occorrenze molto elevato.
Gli studi di popolazione, inoltre, sembrano non aver bisogno di quote rosa: una volta tanto le donne hanno maggiore spazio degli uomini. Addirittura uno spazio più che doppio, visto che il termine uomini compare solo 141 volte!
Ma i demografi hanno parlato anche molto di "vita" e non solo nella locuzione “speranza di vita”: si tratta per lo più di "vita" intesa come realtà quotidiana (livello, tenore, standard, sono termini che vi si accostano frequentemente) o nella sua accezione dinamica di percorso individuale e/o collettivo.
Seguono poi termini come famiglia, fecondità e stranieri. "Stranieri" ce lo saremmo aspettati più in alto nella graduatoria, ma la pluralità di termini utilizzati (immigrati, migranti, ecc.) comporta una differenziazione delle scelte lessicali che va a scapito della ricorrenza di un solo termine.
Il tramonto del … classico
E forse alcuni di voi avranno cominciato a chiedersi dove siano finiti alcuni termini considerati un classico della demografia. Non si possono non notare alcuni grandi assenti dal vertice di questa classifica, parole che compaiono tradizionalmente negli indici dei manuali di demografia: mortalità, morti, decessi.
Tra quelli sopra citati il termine che ricorre di più è mortalità, ma negli articoli pubblicati su neodemos appare solo 50 volte (e gli articoli catalogati sotto la voce mortalità sono solo 9). Sembra che gli studiosi di popolazione che si avvicinano a Neodemos abbiano una visione “ottimista” della demografia e privilegino, almeno nel lessico, la vita alla morte (alla mortalità), la fecondità e i giovani all’invecchiamento. In realtà quest’ultima parola ricorre solo 47 volte, ma il termine anziano nelle sue varie declinazioni compare 172 volte. E anche questo sembra un indizio interessante di un cambiamento di prospettiva: le rivoluzioni lessicali non vengono mai sole.
Sicuramente quelle presentate sono elaborazioni che richiederebbero un maggiore approfondimento, ma quello che sembra mettersi in luce è una demografia diversa da quella dei manuali.
Una demografia che non si accontenta di descrivere, ma che indaga cause e interazioni, che non resta confinata in rigidi steccati disciplinari. Per comprendere i fenomeni demografici occorre stabilire un collegamento con ciò che avviene in altre sfere di vita e in particolare in quella lavorativa che si interseca strettamente con le scelte demografiche (matrimonio, riproduzione, mobilità), e che diviene rilevante anche per la mortalità: le morti sul lavoro sono, infatti, una delle forme di mortalità che ancora richiedono attenzione – e prevenzione – nei paesi sviluppati.
Le opinioni espresse in questo articolo sono quelle dell’Autrice ma non coinvolgono l’Istituzione di appartenenza
[1] Le elaborazioni sono state realizzate con il software Lexico 2.
[2] La parola “anni” è quella che ricorre più spesso, ma il confronto temporale è connaturato all’analisi demografica e quindi non appare rilevante commentare questo risultato.