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Quale futuro per la popolazione delle città italiane? (*)

In un’ottica mondiale, sembrano non esserci dubbi sulla circostanza che la città si accinge a essere il luogo per l’insediamento della popolazione del pianeta e, in una prospettiva più lontana, il solo luogo[1]. Nelle città centrali e nelle grandissime agglomerazioni del mondo economicamente più sviluppato, invece, la popolazione tende a non crescere più e anzi in molti casi tende a declinare; ma anche questa osservazione generale può variare in relazione a come si definiscono le città centrali e soprattutto le aree urbane e le aree metropolitane.

Il ruolo delle città
Recentemente è emerso il punto di vista che identifica le città come luoghi di rinnovato dinamismo economico e di vitalità sociale, come motori della prosperità nazionale e in ogni caso come luoghi di considerevole diversità di esperienze. Nelle economie avanzate esse sono viste come fonte di innovazione e di crescita della produttività legate ai servizi di altissima qualificazione, alle università con attività di ricerca e ad aziende che competono e che collaborano fra loro anche con contatti reali, e non solo virtuali. Anche perché le città contemporanee contengono le infrastrutture sociali e le reali possibilità di scelta per il lavoro e la carriera delle persone particolarmente qualificate e dei creativi: tutte persone richieste per generare e per sfruttare conoscenza e, pertanto, vantaggio competitivo. Questa visione della città è stata condivisa in particolare dalla politica a livello nazionale e internazionale nella misura in cui è stato possibile descrivere una nuova conoscenza e comprensione della città stessa, mentre i ricercatori sono più cauti nel diffondere l’idea di una nuova era per le città.
In una recente analisi sulla dinamica della popolazione di 310 città europee viste nel periodo 1960-2005[2] è emerso che nessuna delle città italiane sarebbe coinvolta in un processo di più o meno lungo declino, e, anzi, cinque nostre città sarebbero interessate da un processo di recente rinascita, e sei da uno di continua crescita.
Ma se queste analisi riflettono le tendenze del complesso della popolazione, altre tendenze, legate quasi esclusivamente alle migrazioni interne e internazionali, si intersecano con esse modificando sensibilmente la struttura per età, che invecchia, e l’etnicità, che si articola con il crescere del numero degli immigrati, della popolazione urbana. E così, mentre la maggior parte delle differenze fra le città grandi e medio-grandi nei confronti delle città piccole e delle zone rurali si vanno attenuando nel tempo per quel che riguarda la struttura economica e occupazionale, la qualità e la quantità di servizi disponibili, e quindi in generale la qualità della vita, si va invece allargando la distanza per quanto riguarda qualche fondamentale caratteristica demografica, tra cui quelle sopra ricordate, età ed etnicità.
Le città in Italia oggi
Le analisi della trasformazione urbana e metropolitana in Italia, ma non solo, sono necessariamente approssimative per la incompletezza e la mancata tempestività delle statistiche di base, sempre meno appropriate anche per effetto della straordinaria mobilità (familiare, sociale, lavorativa, territoriale) della popolazione, mobilità sempre più informale che quindi non lascia una traccia statistica.
Comunque sia i dati aggregati dell’indagine Istat “Aspetti della vita quotidiana”, relativi al complesso delle aree metropolitane italiane, viste in relazione agli insediamenti negli altri comuni classificati per dimensione demografica, sia i dati non freschissimi relativi al censimento del 2001 danno pieno conto delle sensibili differenze relative alla struttura demografica della popolazione e nel contempo delle ridottissime differenze nello stile di vita e nei servizi disponibili (fatta eccezione dei comuni piccolissimi con meno di 2 mila abitanti).
I comuni capoluogo delle 14 aree metropolitane italiane[3] includono una popolazione residente all’1.1.2007 pari a 9,4 milioni di abitanti, cioè il 15,9 per cento della popolazione italiana (tabella 1). Rispetto al totale Italia, la popolazione che vi abita è caratterizzata da una maggior quota di anziani (gli ultra sessantenni che vivono in queste aree sono pari al 17,3 per cento degli ultrasessantenni italiani), e da una maggior presenza straniera (il 21,7% degli stranieri in Italia risiede in un’area metropolitana). Le due variabili si intrecciano, nel senso che la popolazione straniera è mediamente assai più giovane e contribuisce quindi a ridurre l’invecchiamento delle zone metropolitane, determinato soprattutto dalla loro minor fecondità.
Tabella 1Comuni capoluogo aree metropolitane – Popolazione all’1.1.2007
Comuni capoluogo
Popolazione
% pop. su pop. tot. area o provincia metropolitana
% pop. 60+
% pop. straniera
Torino*
900.569
40,0
30,0
9,3
Milano*
1.303.437
33,6
29,9
13,1
Venezia**
268.934
76,1
32,9
6,3
Trieste*
205.363
86,8
34,8
6,2
Genova**
615.686
82,9
33,2
5,7
Bologna**
373.026
39,1
33,3
8,1
Firenze**
365.966
24,4
32,3
9,5
Roma*
2.705.603
67,4
26,8
7,4
Napoli*
975.139
31,6
22,4
2,0
Bari*
325.052
20,4
24,9
1,7
Palermo**
666.552
64,5
21,7
2,2
Messina**
245.159
52,0
24,6
2,7
Catania**
301.564
40,2
24,1
2,0
Cagliari*
159.312
28,7
28,4
1,9
Totale
9.411.362
43,9
27,8
6,8
Italia
59.131.287
15,9(a)
25,5
5,0
*provincia metropolitana
** area metropolitana
(a)% popolazione totale comuni capoluogo aree metropolitane su popolazione italiana

Fonte: elaborazione propria su dati http://demo.istat.it/pop2007/index.html

Un futuro difficile da prevedere
Le prospettive elaborate assai recentemente, nel febbraio 2008, dalle Nazioni Unite assegnano attualmente alla popolazione urbana italiana una proporzione, rispetto alla popolazione totale, del 68% che salirebbe all’81% nel 2050. A crescere sarebbe in particolare la popolazione che vive negli agglomerati urbani con meno di 500 mila abitanti, mentre quella degli agglomerati più grandi – Roma, Milano, Napoli, Torino e Palermo – resterebbe stazionaria.
Ma al di là della popolazione residente delle aree urbane, resta il problema di valutare la popolazione di “agglomerazioni urbane” del tutto informali, come ad esempio quella che corre lungo la via Emilia, o quella che corre lungo l’Adriatico o quella costituita dal Veneto sud-orientale. Così come il problema di valutare la popolazione addizionale – quantità anche rilevantissima – che usa la città senza averne la residenza.
In generale, i differenziati modelli di urbanizzazione immaginano che lo sviluppo dei sistemi urbani passi attraverso una sequenza temporale a vari stadi, legati ai processi demografici naturali, alle ondate migratorie interne e internazionali, alle fasi dello sviluppo economico e occupazionale, alle caratteristiche del territorio interessato, alla densità della popolazione e delle comunicazioni, alla diffusione dei servizi sul territorio. Pare però indubbio che, attualmente, e nella prospettiva di medio termine, siamo di fronte a un nuovo e diverso stadio, che porta a una grande diffusione dell’urbano su intere vaste aree, anche interregionali o addirittura trans-frontaliere, rispetto alle quali ci troviamo largamente, se non del tutto, impreparati dal punto di vista della conoscenza e della governance.



[1]UN, 2008, World Urbanization Prospects. The 2007 Revision, New York, United Nations
[2]Turok, I. e Mykhnenko, V., 2007, “The trajectories of European cities, 1960-2005”, Cities, Vol. 24, No. 3, pp.165-182
[3] La normativa vigente in Italia individua 14 aree metropolitane: Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Bari (individuate dalla L. 142/90 e confermate dal D. Lgs. 267/2000); Trieste, Palermo, Messina, Catania, Cagliari (individuate dalle rispettive leggi regionali Friuli 10/1998, Sicilia 9/1986, Sardegna 4/1997). Per queste 14 aree, e solo per esse, il nostro ordinamento giuridico prevede la possibilità di istituire lo specifico ente territoriale di governo, la Città Metropolitana. Tuttavia, ad oggi non è stata istituita nessuna Città Metropolitana – nonostante anche il loro inserimento nella Costituzione in seguito alla modifica del Titolo V avvenuta con la L. 3/2001 – e solo per 7 di esse (Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Palermo, Messina, Catania) è stata individuata l’area di riferimento relativa (v. ad esempio Campilongo, G., 2005, Aree metropolitane città metropolitane – Fonti giuridiche problematiche aperte in Apat, Qualità dell’ambiente urbano. I Rapporto APAT, Edizione 2004, Roma pp. 13-24).
(*) Tratto da una relazione presentata al Convegno “Qualità urbana. Scenari e interventi per città più belle e più giuste ” tenutosi a Roma, Sala di S. Marta, il 12 marzo 2008

antonio.golini@uniroma1.it; cristiano.marini@uniroma1.it