Il Gigante che invecchia fa meno paura. Brevi note sulla presenza cinese nel mondo e in Italia
Secondo le stime ufficiali, i cinesi nel mondo sono circa 34 milioni (valore triplo rispetto agli 11 del 1950), l’82% dei quali risiede nel continente asiatico, il 10% circa in America e solo il 5% in Europa. Durante gli anni 70 e 80 gli emigrati cinesi erano principalmente lavoratori poco qualificati, spesso clandestini sostenuti dai network della diaspora. Negli anni 90, però, l’emigrazione inizia a coinvolgere anche lavoratori qualificati ed esce, in parte, dalla clandestinità, grazie all’apertura del governo cinese.
Per comprendere le motivazioni dell’emigrazione cinese occorre osservarne il sistema economico e l’assetto politico-istituzionale. Ad esempio, considerando i flussi verso uno dei maggiori paesi di destinazione, la Corea del Nord, favoriti anche dalla prossimità geografica, si deve rilevare che i salari coreani hanno un valore 10 volte tanto quelli cinesi. L’emigrazione cinese non ha mai avuto il carattere dell’ ”invasione”: recentemente le ondate migratorie cinesi si sono verificate solo in corrispondenza di eventi importanti, quali la repressione delle proteste in piazza Tienanmen del 1989, il passaggio della sovranità su Hong Kong dalla Gran Bretagna alla Cina, la costruzione della diga sul Fiume Azzurro che ha causato oltre 1 milione e ½ di sfollati.
In Italia la comunità cinese, la quarta per numerosità, conta al 31 dicembre 2006 144.885 presenze, il 53% dei quali di sesso maschile. I nati di cittadinanza cinese sono passati da un valore di 1.927 nel 1999 ad un valore di 4.145 nel 2005: la natalità dei cinesi (32,43‰) è, dunque, più alta di quella media di tutti gli stranieri (20,5‰ nel 2005)[1].
La distribuzione territoriale dei cinesi riflette, chiaramente, quella tipica di tutto il contingente straniero, con una maggiore concentrazione nelle regioni settentrionali, che accolgono il 58,27% della comunità cinese, minore al Centro (27,82%) e ancora più ridotta nel meridione (13,91%). La provincia italiana che registra la maggiore presenza cinese è Milano (11,6% del totale italiano), cui seguono Prato e Firenze (9,6%). In particolare, è Prato la città dove vi è la maggiore concentrazione cinese rispetto al totale degli stranieri ivi residenti (il 50% circa). I motivi del soggiorno sono per il 99,5% per inserimento stabile (di cui il 70% per lavoro e il 28,2% per ricongiungimento familiare).
Cosa succederà in futuro? La Cina è ancora un paese giovane, ma a causa di una politica molto restrittiva riguardo alla pianificazione familiare (la nota politica del figlio unico) invecchia molto in fretta e si troverà, quindi, presto a fronteggiare gli squilibri strutturali che già affrontano i paesi occidentali. La percentuale di ultrasessantacinquenni è oggi pari in Cina al 7,7%[2], valore basso ma che, in ragione anche della conclusione del processo transizionale, tenderà a crescere molto in futuro (cfr. figura 1): le ultime stime delle Nazioni Unite[3] parlano di una crescita futura per il 2050 compresa tra il 20,30% (variante alta) e il 27,8% (variante bassa), valori ancora più alti di quelli oggi registrati nei paesi occidentali (la percentuale di anziani in Italia è oggi pari al 20%).
Il futuro della Cina, per lo meno dal punto di vista demografico, non favorirà nuove ondate di emigrazione. E poi, considerando la consistenza demografica della Cina (1,3 miliardi di persone), i 34 milioni di cinesi (di vecchia e nuova generazione) sparsi per il mondo sono una cifra veramente irrisoria.
[1] Nostre stime sulla base del numero di nati per nazionalità e della popolazione straniera residente per nazionalità, entrambi consultabili sul sito http://demo.istat.it
[3] United Nations (2006), World Population Prospects: the 2006 Revision Population Database. Accessibile on line all’indirizzo: http://esa.un.org/unpp/index.asp?panel=3
Per approfondire:
Caritas (2007), Dossier Statistico Immigrazione, Idos, Roma
Stranges M. (2008), “Demographic ageing and structural imbalances in China”, in European Papers on the New Welfare, n°9, febbraio 2008, Risk Institute, Trieste-Geneva (forthcoming) http://eng.newwelfare.org/