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La terra a quota 10 miliardi(*)

Nello scorso mese di marzo, le Nazioni Unite hanno rese pubbliche stime e proiezioni della popolazione mondiale fino alla metà del secolo. Poiché gli andamenti demografici sono guidati da robuste forze d’inerzia, le previsioni, anche se spinte a qualche decennio di distanza, offrono un quadro sufficientemente robusto del futuro. Poiché la "bomba" demografica – come si diceva un tempo – non è più di moda, si è data poca attenzione ai risultati aggiornatissimi delle analisi. Eppure l’opinione pubblica è fortemente interessata dai grandi fenomeni planetari come l’accumulo dei gas serra ed il riscaldamento globale, la penuria dell’acqua e la desertificazione, la globalizzazione ed i mutamenti della geopolitica. Sono fenomeni che hanno tra le loro cause primarie l’andamento della popolazione, cioè dell’aggregato che consuma e che produce, che provoca nuovi squilibri e spinge alla ricerca di nuovi.

Dove va la popolazione mondiale? Sostituendo (ma solo per comodità) l’indicativo al condizionale, la popolazione del mondo, oggi di 6,7 miliardi, crescerà di altri 2,5 miliardi nei prossimi 43 anni fino a 9,2 nel 2050. L’aumento che si realizzerà nel periodo indicato è equivalente al numero di abitanti raggiunto (dopo un cammino di varie decine di migliaia di anni) nel 1950. Tutto l’incremento avverrà nei paesi in via di sviluppo (che passeranno da 5,5 a 8 miliardi di abitanti) perché in quelli ricchi la popolazione resterà all’incirca invariata (1,2 miliardi) grazie al sostegno dell’immigrazione e ad un trasferimento netto dai paesi in via di sviluppo (probabilmente sottostimato) dell’ordine di 2 milioni di persone all’anno. Il colossale sviluppo cumulativo della popolazione cela, tuttavia, la previsione di una robusta frenata della velocità di aumento: nel 2005 si sono aggiunti allo stock della popolazione 78 milioni di individui, ma nel 2050 se ne aggiungeranno "appena" 30.

Il futuro è pesantemente condizionato dall’effettivo contenimento delle nascite nei paesi poveri, che oggi si commisura a 2,7 figli per donna e che si pensa possa ulteriormente diminuire a circa 2 nel 2050, continuando una tendenza alla riduzione in atto da alcuni decenni. Questo implica un rafforzamento delle politiche di sostegno alla regolazione delle nascite, nonostante il venir meno degli aiuti internazionali volti a questo fine. La riduzione delle nascite implica anche che lo sviluppo continui, che sopravvivenza, salute, istruzione, reddito progrediscano, che i genitori possano investire di più sui figli, generandone meno (meno quantità, più qualità). Altrimenti il quadro prospettato non tiene. Se il corso del declino della fecondità fosse più lento, per ogni "decimo di figlio" in più della media di 2 (prevista per il 2050) ci sarebbero, alla stessa data, 230 milioni di abitanti aggiuntivi, ponendo qualche problema in più alla gestione del pianeta.

Sarà bene poi che coloro che vedono nella crescita demografica il germe di tutti le patologie del mondo, si rassegnino. Anche se tutte le donne dei paesi meno sviluppati si limitassero, da oggi, ad un unico figlio, la popolazione continuerebbe a crescere per vari decenni per l’inerzia accumulata insita nella giovane struttura per età. Tuttavia se il sentiero tracciato dalle previsioni fosse confermato, ci sono buone speranze che la spinta alla crescita si esaurisca prima della fine del secolo e che la popolazione del mondo si attesti intorno ai 10 miliardi di abitanti, il limite storico del ciclo secolare di crescita iniziato con la rivoluzione industriale. Ciò significa che il mondo deve attrezzarsi per far posto, nel resto del secolo, a tre miliardi di abitanti in più, tanti quanti se ne sono aggiunti nei quarant’anni trascorsi.

Sotto la potente spinta della demografia, cambierà la geografia demografica e anche quella del potere. Era europeo un abitante del mondo su quattro all’inizio del ‘900, ma nel 2050 il rapporto sarà di uno a quattordici; c’era un africano ogni undici abitanti nel pianeta nel 1950, ce ne sarà uno ogni quattro o cinque nel 2050. La vertiginosa crescita economica della Cina e dell’India, combinata con la loro massa demografica, farà pendere il baricentro del mondo verso l’Asia. Chi vuole investire sui figli (o sui nipoti) gli faccia imparare il cinese (vista la scarsa inclinazione di questi ad imparare l’inglese). La Cina, che aveva schiacciato il piede sul freno all’inizio degli anni ’80 – con la politica del figlio unico – sarà superata dall’India nel 2025. Nel 2050 l’India, con 1,65 miliardi di abitanti, avrà un quarto di miliardo di abitanti più della rivale. Una frenata, quella della Cina, non priva di conseguenze pesanti: tanti figli unici (spesso urbanizzati) si troveranno in capo (metaforicamente) due genitori contadini, lontani, privi del sostegno tradizionale della solidarietà familiare, esclusi dal sistema previdenziale (che non c’è). Altro che la crisi del welfare europeo!

I nove miliardi di terrestri del 2050 avranno presumibilmente un capitale umano assai migliore dei sei miliardi d’inizio secolo: più salute, vita più lunga, migliore istruzione. O almeno così confidiamo, non senza esitazione, perché un’intera regione del mondo, l’Africa sub-sahariana, negli ultimi vent’anni, ha fatto paurosi passi indietro in termini di salute e di sopravvivenza. L’Italia, nel 2050, sarà più piccola, con quattro milioni di abitanti in meno, nonostante un afflusso netto di migranti che le Nazioni Unite – per il solito assai prudenti in materia – ipotizzano sui 140.000 all’anno fino alla metà del secolo. Missione non impossibile, ma doverosa, quella di farne dei cittadini (di fatto, quando non di diritto), anche se fossero di più.

*Editoriale pubblicato su "La Repubblica" l’11 Aprile 2007