Popolazione mondiale:

Popolazione italiana:

Giovani (0-19 anni):

Anziani (64+ anni)

Mai tanti giovani e tante donne in Parlamento. Per cambiare? (*)

Un’onda anomala si sta per abbattere sul Parlamento italiano riempendolo di giovani come mai in passato. Il paese con una delle classi dirigenti più gerontocratiche (con età media attorno ai 60 anni) si trova, dopo le ultime elezioni, con una delle Camere dei deputati più giovani d’Europa. L’età media dei nuovi deputati sarà pari a 45 anni (ben nove anni in meno rispetto alla precedente legislatura), mentre è di 52 in Gran Bretagna, 53 in Spagna e Germania, 55 in Francia, per citare i maggiori paesi (stime Coldiretti ). Rimane l’anomalia del Senato italiano, che presenta un vincolo anagrafico particolarmente alto di ingresso (40 anni come è noto), in un sistema che continua ad essere bicamerale perfetto. Aver comunque abbassato anche qui l’età media (da 57 a 53 anni), rende il Parlamento generazionalmente un po’ meno squilibrato. In particolare la Camera diventa anagraficamente molto più vicina alla popolazione che deve rappresentare, essendo l’età media dei cittadini italiani pari a 43 anni.
Questo deciso rinverdimento degli eletti è in larga parte il prodotto dall’esplosivo successo del Movimento Cinque Stelle, forza politica precedentemente non presente a Montecitorio. Molto meno rilevante risulta invece il contributo delle altre forze, compreso il centrosinistra che con le primarie aveva cercato di dare più spazio a candidati più giovani rispetto al passato. Il divario con la lista dei candidati del M5S è risultato però ampio, pari mediamente a 15 anni. C’è infatti una differenza strutturale di fondo: mentre gli altri partiti sono composti soprattutto da persone mature, con una minoranza di giovani, il M5S ha rovesciato questa impostazione, essendo formato da giovani con una minoranza di anziani. Questo nonostante il suo fondatore che, con i suoi 64 anni, ha un’età perfettamente in linea con la vecchia classe dirigente italiana.
L’elettorato stesso del M5S è molto più giovane rispetto a quello da cui pescano gli altri partiti. Una ricerca condotta da Tecné sui votanti, conferma che se il PDL è più in grado di raccogliere il consenso dell’elettorato più anziano e il PD risulta più trasversale alle varie età, il gradimento dei giovani va soprattutto verso il movimento di Grillo. Tra gli under 30 è nettamente il primo partito con uno scarto di circa 10 punti percentuali sul PD. Analizzando la differenza nei voti tra la Camera e il Senato, una analisi del lavoce.info giunge a stimare al 47% la quota di consensi per il partito di Grillo tra i giovani tra i 18 e i 24 anni (v. “Un Grillo nella testa dei giovani” , di Albertini, Impicciatore e Tuorto).
Questo significa soprattutto che i partiti tradizionali non sono stati in grado di apparire convincenti nella loro offerta politica verso le nuove generazioni. Il movimento di Grillo ha seminato dove gli altri hanno lasciato colpevolmente incolto e ora ne raccoglie i frutti. Il M5S è apparso più attrattivo per vari motivi: perché si è posto in discontinuità, in termini sia di forma che di sostanza, rispetto a chi ha (mal) governato sinora; perché è apparso più sinceramente aperto al cambiamento, alla partecipazione e al protagonismo dei giovani; perché ha usato in modo diffuso ed efficace gli strumenti comunicativi e organizzativi del web 2.0.
Ed ora? Sarà un bene avere una componente così ampia di giovani in Parlamento? In generale sì. Finora averne avuti pochi non ha certo aiutato, vista la modesta prova di sé della vecchia politica nel porre le condizioni per crescita e riduzione delle disuguaglianze, facendo pagare i costi maggiori proprio alle nuove generazioni. Il tasso di disoccupazione giovanile salito al 38% ben lo testimonia. Occhi nuovi e sensibilità nuove (su importanza data all’ambiente, alle nuove tecnologie, ai temi etici, alla democrazia partecipativa, ecc.) possono aiutare a dare nuova linfa ai processi decisionali del paese, innovando sia sul metodo che sulle risposte da dare alle sfide che il Paese ha davanti. Il programma del partito più giovane, appunto il M5S, appare anche molto più attento alle politiche nei loro riguardi. Gli eletti stessi, per età, per tipo di formazione e per caratteristiche occupazionali (alta è la quota di “precari”), sono più predisposti a interpretare difficoltà ed esigenze delle nuove generazioni.
Ma qui forse stanno anche i due limiti di questo tipo di presenza giovane in Parlamento. Il primo è quello dell’inesperienza, che ha ricadute anche sulla scarsa solidità di alcune idee e proposte avanzate. Questo limite è accentuato dal secondo, ovvero dal fatto che la crescita della componente giovanile non è trasversale ma tutta concentrata nel movimento di Grillo. I limiti specifici del M5S (di capacità di diventare forza di governo, di indirizzo su alcuni punti, di fedeltà al maturo leader) rischiano allora di diventare vincoli alla possibilità che la presenza delle nuove generazioni si trasformi davvero e pienamente in fattore di rivitalizzazione della politica italiana e di cambiamento positivo del Paese.
Il record delle donne
Promette di più la crescita della presenza femminile in Parlamento? Forse Il cambiamento non è epocale, ma è certamente storico per il nostro paese. Le donne assommano a quasi un terzo dei parlamentari appena eletti, con un aumento superiore ai dieci punti percentuali rispetto al 2008 e quasi un raddoppio rispetto al 2006 (1). Non siamo riusciti a raggiungere il 38% della Spagna, ma per una volta siamo in cima e non in coda alle classifiche dei paesi ‘ricchi’: abbiamo fatto meglio di Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti e siamo testa a testa con La Germania.
 Le speranze di rinnovamento effettivo non sono però legate solo ai numeri. Potrebbe contare a nostro avviso una certa trasversalità della rappresentanza, tra i partiti, e soprattutto fra le generazioni. Sia il Movimento Cinque Stelle che il Partito Democratico hanno portato in Parlamento il 38% di donne – la differenza fra i due è solo di qualche decimale a favore del M5S. Segue SEL con un rispettabile 28,3%, mentre il PDL e la lista Monti si attestano ad una qualche distanza fra il 18 e il 20%. Le differenze rimangono notevoli , ma nessuna delle maggiori formazioni è scesa troppo sotto la media del 20% toccata nella scorsa legislatura.
 A spingere sono stati fattori diversi, ma proprio questa diversità potrebbe essere foriera di un rinnovamento non effimero. Per il Movimento Cinque Stelle l’emergere di una forte componente femminile riflette quello stesso processo di autoselezione che ha portato alla camera disoccupati e precari accanto agli ingegneri: prevalgono gli ultimi ma i primi non si erano mai visti in parlamento fino ad ora; cosi per il genere, prevalgono gli uomini, ma mai s’era vista un’autoselezione cosi favorevole alle donne. Diverso il discorso per Il PD che ha portato in parlamento più della metà di tutte le parlamentari sotto il segno di un rinnovamento alimentato dalla legislazione sulle quote e miracolato dal pessimo porcellum! Alcuni criticano le quote e quasi tutti esecrano il porcellum, ma, il risultato paradossale è che si deve alla loro combinazione (associata, nel caso del Pd e di Sel, alla scelta del meccanismo della doppia preferenza di genere nelle primarie) un riequilibrio della rappresentanza femminile a favore di donne con maggiore esperienza e, probabilmente, maggiore sensibilità alla problematica di genere.
Che si guardi al programma o che si ascoltino le prime dichiarazioni dei giovani e delle giovani del Movimento Cinque Stelle, infatti , l’impressione è di un’attenzione ai temi di genere scarsa o nulla. Le battaglie culturali che fanno da cemento fra i Grillini sono l’ambiente e la lotta alla corruzione. Le idee ‘forti’ di politica economica partono ma forse anche finiscono con il reddito di cittadinanza finanziato coi tagli alle spese militari. Il tutto è comunque scritto e vissuto come se le differenze fra uomini e donne non contassero, in politica, in economia o nella famiglia. (Una prova di ciò si ha leggendo un post pubblicato tempo fa dalla ‘grillina’ Roberta Lombardi, che in questi giorni è circolato molto in rete, dopo la designazione di Lombardi come capogruppo alla camera ). Da un lato questo riflette la beata illusione di molte giovani che la parità di genere sia oramai acquisita e le battaglie in merito appartengano al passato, illusione che spesso si infrange alla nascita del primo e quasi certamente del secondo figlio. Dall’altra però riflette la scarsa elaborazione programmatica del Movimento.
I tempi non ispirano ottimismo. Proviamo però a immaginare cosa di positivo potrebbe succedere se questo parlamento durasse. Potrebbe instaurarsi un dialogo fra le donne più giovani e quelle più esperte, entrambe in gran parte outsider rispetto a sistemi consolidati del potere e quindi capaci, insieme, di avviare un rinnovamento. E’ quel tipo di dialogo che auspichiamo ma di cui riconosciamo la difficoltà. Che si riesca finalmente ad avviarlo nella sede più alta, le stanze del nuovo parlamento? Lasciateci sognare ancora per qualche giorno.





 






(*) Articolo presente anche su www.ingenere.it

Fonte tab 2: CISE – Centro Italiano Studi Elettorali
Note
(1) La proporzione delle parlamentari era del 16,3% nella legislatura eletta nel 2006 e del 20,2 nel 2008. Nel nuovo parlamento, secondo le stime Cise-Luiss, si situa al 30,8% (http://cise.luiss.it/cise/2013/03/02/il-parlamento-2013-nuovo-e-al-femminile/) (per i dati ufficiali bisognerà aspettare la conclusione delle procedure di legge, con la manifestazione delle opzioni da parte dei capilista presenti in diverse circoscrizioni elettorali)

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