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L’età al primo rapporto sessuale

Perché un demografo dovrebbe perder tempo a studiare il comportamento sessuale degli italiani, invadendo un campo già affollato da medici, antropologi e sociologi, certamente più competenti e preparati? (1) In realtà la Demografia è l’unica tra tutte le discipline che si occupano di sessualità umana ad avere un approccio quantitativo, offrendo indicatori del comportamento sessuale non distorti da fattori confondenti o errori di misurazione, in grado di consentire confronti rigorosi nel tempo e nello spazio (cfr. Bozon, 2002). Un secondo motivo per cui è importante per un demografo studiare il comportamento sessuale è che questo è una delle cosiddette variabili intermedie della fecondità, ovvero uno dei fattori che in maniera diretta influiscono sul comportamento riproduttivo di donne e coppie, e quindi sui livelli di fecondità di una popolazione, attraverso parametri come l’età di inizio della vita sessuale, l’uso della contraccezione e la frequenza dei rapporti sessuali.

Demografia e sessualità

Qui ci occupiamo di uno di questi indicatori, l’età ai primi rapporti sessuali eterosessuali che, se non misurato con attenzione, rischia di essere falsato da errori analoghi a quelli che hanno condizionato i risultati degli exit poll delle ultime elezioni.
Infatti, quando si misura l’età al primo rapporto intervistando un campione della popolazione si corre il rischio che chi accetta di rispondere sia selezionato rispetto a certe caratteristiche (come ad esempio minore religiosità o abitare in grandi città) a loro volta legate a rapporti sessuali più precoci rispetto al resto della popolazione.
Un altro problema rilevante è che quando si misura l’età a cui un evento, come il primo rapporto sessuale, viene sperimentato per la prima volta nella vita spesso si usa erroneamente la media in luogo della mediana. L’età media è appropriata se tutti, o quasi, gli individui di una generazione hanno già sperimentato l’evento. Lo stesso non accade se la generazione è giovane: l’età media è destinata inevitabilmente ad innalzarsi quando gli intervistati ancora vergini avranno il loro primo rapporto sessuale (e questo spiega perché ogni tanto qualche medico o sociologo lancia – erroneamente – l’allarme di un’età media ai primi rapporti intorno a 15 anni). In tutti questi casi è invece preferibile utilizzare la mediana (nel senso di età alla quale il 50% dei soggetti potenziali ha sperimentato l’evento), il cui valore non è influenzato dalla presenza di individui che devono (ancora) sperimentare l’evento in questione.

I mutamenti nell’età al primo rapporto sessuale

Esaminiamo adesso per alcune generazioni di italiani nati nel XX secolo l’età mediana al primo rapporto e la quota di individui con primo rapporto precoce, indicatori entrambi ricavati da indagini nazionali condotte con grande rigore metodologico (tabella 1). Si nota immediatamente una tendenza netta alla riduzione dell’età ai primi rapporti mentre le differenze tra uomini e donne si riducono, pur restando ancora notevoli.
Questi cambiamenti non sono soltanto una questione di freddi numeri, è invece importante comprendere quali sono le cause all’origine di queste tendenze. La risposta è in realtà semplice: per le generazioni nate nella prima metà del Novecento l’inizio della vita sessuale avveniva in maniera molto diversa tra uomini e donne.
Per gli uomini il primo rapporto sessuale era un momento di passaggio che segnava l’ingresso tra gli adulti, era sperimentato tra 18 e 19 anni, a volte prima, solitamente al di fuori di una relazione di coppia, spesso con donne più anziane non vergini o prostitute. Al contrario, la maggior parte delle donne nate nello stesso periodo sono giunte vergini al matrimonio, o hanno avuto comunque il primo rapporto con il futuro sposo poco tempo prima delle nozze, a un’età compresa tra 20 e 22 anni. La sessualità femminile era sottoposta a un rigido controllo sociale, ed era legata esclusivamente alla formazione di una famiglia e alla procreazione.
Questo schema è rimasto pressoché immutato sino alle generazioni nate negli anni Cinquanta, socializzatesi nel corso degli anni Settanta, un periodo di grandi cambiamenti sociali (legislazione sul divorzio, aborto, nuovo diritto di famiglia, movimento femminista). In questo contesto i rapporti sessuali prematrimoniali si sono diffusi tra i giovani e la verginità ha perso valore anche per le donne, la cui età mediana è scesa fino a 19 anni, man mano che la separazione tra vita sessuale e riproduzione diventava sempre più netta, così che tra le nate a fine anni Sessanta appena il 10% sono arrivate vergini al matrimonio.
Per gli uomini nati nello stesso periodo l’età al primo rapporto è rimasta pressoché stabile. È mutato invece il contesto del primo rapporto: con una ragazza della stessa età, e spesso in una relazione di coppia.
Tra le generazioni nate negli anni Ottanta è proseguita la tendenza ad anticipare il primo rapporto, con una ulteriore riduzione di circa mezzo anno, che ha riguardato sia uomini che donne. È aumentata sensibilmente anche la quota di giovani che ha il primo rapporto precocemente, sebbene questa tendenza sembri arrestarsi per i nati nel 1995.
Si tratta di dati che devono certamente far riflettere, ma lontani dall’esercito di cubiste quindicenni di cui parlano spesso i mass media, che in realtà costituiscono solo una piccola minoranza, per quanto appariscente, degli adolescenti italiani.

Nota

Articolo tratto dal Rapporto sulla popolazione. Sessualità e riproduzione nell’Italia contemporanea, a cura di Alessandra De Rose e Gianpiero Dalla Zuanna, Bologna, Il Mulino, 2013, che prosegue la tradizione dei rapporti biennali curati dall’Associazione Italiana per gli Studi di Popolazione
(1) Che lo studio della sessualità sia ritenuto da molti studiosi di discipline quantitative una perdita di tempo lo si può dedurre dal fatto che nessuna delle due più importanti riviste internazionali che si occupano di sessualità (Archives of Sexual Behaviour e The Journal of Sex Research) siano state incluse dall’Anvur, l’agenzia che valuta il lavoro dei ricercatori italiani, e dalla SIS, l’associazione degli studiosi italiani di statistica, tra quelle di maggior prestigio per le discipline statistiche, mentre altre riviste appartenenti alla stessa «famiglia» disciplinare (Social Sciences, Interdisciplinary) pur avendo indicatori di impatto di gran lunga inferiori ne fanno invece parte.

Riferimenti bibliografici

Barbagli M., Dalla Zuanna, G. e Garelli F. (2010) La sessualità degli italiani. Bologna, Il Mulino.
Bozon M. (2002). Démographie et sexualité. In G. Caselli, J. Vallin, G. Wunsch, Démographie : analyse et synthèse, vol. II Les déterminants de la fécondité, pp. 303-319, INED, Paris.
Currie C. et al. (2008). Inequalities in young people’s health: international report from the 2005/06 HBSC survey. Who Policy Series: Health policy for children and adolescents, 5. Copenhagen, Who Regional Office for Europe.
Currie C. et al. (2012). Social determinants of health and well-being among young people: international report from the 2009/2010 HBSC survey. Who Policy Series: Health Policy for Children and Adolescents, 6. Copenhagen Who Regional Office for Europe. Fabris G. e Davis R. (1978). Il mito del sess

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