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Le richieste di asilo nell’Unione Europa

Secondo i dati Eurostat, nel 2015, le persone che hanno chiesto asilo politico per la prima volta in uno dei 28 paesi dell’Unione Europea (UE) sono state 1.255.600 più del doppio (+123%) di quelle del 2014 (562.680). È il risultato di un trend crescente, che ha visto negli ultimi anni i valori passare dalle 153 mila unità del 2008 alle 278 mila del 20102 e alle 373 mila del 2013. Schermata 2016-06-17 a 09.51.32Se consideriamo la distribuzione per paese, appare evidente come sia di gran lunga la Germania ad accogliere il numero più elevato di asylum seekers: 441.800 nel 2015 (il 35% di tutti i richiedenti asilo in UE), con un aumento del 155% rispetto alle 172.945 del 2014 (Fig. 1). In termini assoluti, seguono l’Ungheria con 174.400 richieste (il 14%), la Svezia (156.100 e quindi il 12%), l’Austria (85.500, il 7%), l’Italia (83.200, il 7%) e la Francia (70.600, il 6%). Rispetto al 2014, il numero di prime richieste di asilo è aumentato di più in Finlandia (+822%), seguita da Ungheria (+323%), Austria (+233%), Belgio (+178%), Spagna (+167%) e Germania (+155%).

Schermata 2016-06-17 a 09.52.16Se però relativizziamo questi valori rispetto alle dimensioni demografiche dei paesi, il quadro cambia notevolmente (Fig.2). Il valore più elevato si registra, infatti, in Ungheria con 17.699 richieste per milione di abitanti, una cifra poco superiore a quella della Svezia (16.016), seconda in ordine di grandezza. Seguono Austria (9.970), Finlandia (5.876), Germania (5.441), Lussemburgo (4.194) e Malta (3.948). Valori superiori all’Italia si hanno anche in Danimarca (3.679), Belgio (3.463), Bulgaria (2.800), Olanda (2.546) e Cipro (2.468). In termini relativi, quindi, il nostro paese si colloca, nonostante sia uno dei principali luoghi di arrivo di questi flussi, poco sopra la metà della graduatoria relativa alle domande d’asilo, con un valore (1.369 per milione di abitanti) inferiore alla media dell’Europa (2.470).

Schermata 2016-06-17 a 09.59.39Altro aspetto interessante da mettere in evidenza è la provenienza dei richiedenti asilo (Fig. 3). Il numero di Siriani che hanno cercato protezione internazionale in UE è duplicato rispetto al 2014 ed ha raggiunto 362.800 persone, mentre il numero di Afgani è quasi quadruplicato ed è arrivato a 178.200 e quello degli Iracheni è aumentato di sette volte (121.500). Questi rappresentano le tre principali nazionalità che hanno chiesto asilo politico per la prima volta negli Stati membri dell’Unione europea nel 2015, rappresentando più della metà di tutti i richiedenti asilo. Seguono Kosovo, Albania, Pakistan ed Eritrea. Nel complesso, come si può vedere, si ha un’ampia gamma di provenienze, sia europee che di altri continenti, a conferma della numerosità delle aree di crisi potenzialmente in grado di dar luogo a migrazioni forzate. Da questo punto di vista, la situazione italiana appare ancora più particolare, visto che i principali tre paesi di provenienza sono Nigeria (17.780), Pakistan (10.285) e Gambia (8.015).

I dati sulle richieste d’asilo nel 2015 confermano come il quadro della situazione sia più complesso di quanto non appaia considerando solo gli sbarchi. Diversi paesi, infatti, mostrano un fattivo impegno nell’accoglienza degli asylum seekers, nonostante non ne siano stati, con ogni probabilità, il punto d’accesso nell’Unione. Seria appare la situazione ungherese, dove i valori hanno raggiunto punte obiettivamente difficilmente sostenibili. Meritevole d’attenzione appare anche l’ampiezza dell’area di provenienza, indicativa di una situazione internazionale sempre meno controllata e controllabile, in cui appare veramente difficile trovare soluzioni efficaci e soprattutto durature ai conflitti.

Sul sito dell’Eurostat sono già disponibili per alcuni paesi dell’Unione Europea i dati sulle richieste di asilo relative al primo trimestre 2016. Complessivamente tra gennaio, febbraio e marzo 2016, le persone che hanno richiesto asilo politico per la prima volta in uno dei 28 paesi membri dell’Unione Europa sono state 255.315, segnando una consistente diminuzione rispetto agli ultimi tre mesi del 2015, quando invece ammontavano a 426.025. Se consideriamo la distribuzione per paese, appare che le richieste di asilo siano diminuite in maniera considerevole in Svezia (passando da 87.885 a 7.705), in Austria (da 30.805 a 10.695)¹, in Belgio (da 15.865 a 4.720) e in Bulgaria (da 7.585 a 4.055); sono diminuite in maniera solo modesta in Italia (da 24.710 a 22.330) e in Grecia (da 3.005 a 2.370); sono aumentate lievemente in Germania (da 162.535 a 174.965) e sono, infine, aumentate considerevolmente in Ungheria (da 860 a 6.830). Questi dati sono causa e conseguenza di una serie di azioni realizzate di recente, sia a livello nazionale che comunitario, tra cui occorre ricordare la barriera realizzata in Ungheria, la reintroduzione di controlli alle frontiere in Germania e Austria, schemi di ricollocamento dei rifugiati tra i paesi membri dell’Unione e l’accordo UE-Turchia (divenuto operativo dal 20 marzo 2016), che, alleggerendo la rotta del Mediterraneo Orientale e quindi la Grecia, riporta in auge quella più pericolosa del Mediterraneo Centrale e quindi l’Italia, come canale di ingresso per i richiedenti asilo diretti in UE.

Nel complesso, le indicazioni che emergono invitano, a nostro avviso, a ricercare una politica europea in grado di distribuire in maniera più realistica ed equa tra gli stati membri il peso delle diverse fasi del percorso di inserimento dei migranti per ragioni politiche, dalla presa in carico al momento dell’arrivo, sino al riconoscimento o meno dello status di rifugiato. Sarebbe anche auspicabile la promozione di una maggiore unità politica della UE, per la ricerca di soluzioni più efficaci a tutte le crisi che alimentato le migrazioni forzate. L’esperienza odierna suggerisce che una politica migratoria basata su soluzioni temporanee, soprattutto se di contrasto e di esternalizzazione del fenomeno migratorio, risulta non solo inefficiente di fronte al carattere strutturale ed endemico dei fattori che sono all’origine di questi flussi, ma anche contraria ai principi della solidarietà internazionale e della integrità umana.

¹ Si noti che i dati relativi al mese di marzo non sono ancora disponibili per Austria e Grecia.

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