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Il futuro del credere: alcune previsioni di demografia religiosa

Una sintesi globale
Il Pew Research Center di Washington ha appena pubblicato una ampia ricerca sulla religiosità nel mondo al 2050¹. Basandosi su variabili demografiche come i tassi di fertilità, i movimenti migratori, le speranze di vita e le strutture per età all’interno delle singole popolazioni nazionali e prendendo anche in considerazione i mutamenti della propria identità religiosa (il religious switching), i ricercatori dell’istituto americano provano a quantificare il profilo socioreligioso globale alla metà del secolo. Va tenuto conto che, per semplicità previsiva, sono state prese in considerazione solo le appartenenze religiose aggregate, non potendo quantificare la grande varietà di chiese, culti e confessioni oggi esistenti (il cosiddetto pluralismo religioso).

  • Il cristianesimo rimarrà ancora la principale religione (31% del totale), anche se tallonata strettamente dall’islam (30%) . Più precisamente da qui al 2050 la popolazione del pianeta crescerà del 35% mentre i musulmani cresceranno del 73% (contro il 35 dei cristiani). Ciò è dovuto soprattutto al fatto che il loro tasso di fecondità è pari a 3,1 figli per donna contro i 2,7 dei cristiani oltre che dalla più giovane struttura per età (l’età mediana è di 23 anni contro i 28 del mondo). Dal 2070 si prevede quindi lo storico “sorpasso” dei musulmani sui cristiani.
  • I non credenti o indifferenti (unaffiliated), oggi presenti soprattutto in Cina, Giappone e Stati Uniti, declineranno in termini percentuali. Ciò sarà dovuto semplicemente all’età media più elevata ed ai bassi livelli di fecondità (1,7 figli), anche se alcuni paesi – come Stati Uniti, Francia, Regno Unito – vedranno crescere abbondantemente le percentuali di agnostici ed indifferenti.
  • Ebrei ed hindu cresceranno mentre i buddisti rimarranno stabili. Tuttavia i valori assoluti e percentuali dei primi rimangono assolutamente modesti mentre gli induisti cresceranno in valore assoluto ma in termini percentuali rimarranno stabili e manterranno la loro concentrazione in India e Nepal. Come si diceva, i buddisti non conosceranno variazioni in termini assoluti, mentre subiranno un declino percentuale.
  • In Europa i musulmani saranno pari al 10% della popolazione (ora sono al 5,9). Non ci sarà quindi nessuna “Eurabia” – come pensano quelli che paventano apocalittiche invasioni della mezzaluna – anche se in termini assoluti vi sarà una rilevante contrazione dei cristiani (quasi 100 milioni in meno, pari ad un meno 18%) ed una sensibile crescita degli areligiosi. Però questi ultimi sono penalizzati dai modesti ritmi riproduttivi mentre i musulmani hanno un tasso di fecondità di 2,1 figli per donna (contro l’1,6 dei cristiani, che hanno anche la popolazione più invecchiata). Inoltre vanno considerati i passaggi di appartenenza religiosa che probabilmente penalizzeranno i cristiani a favore degli areligiosi mentre i flussi migratori accresceranno soprattutto il numero dei musulmani.
  • India e Nigeria saranno i paesi in cui maggiore sarà la crescita dei musulmani. L’India, che avrà solo il 18,4% della sua popolazione di fede islamica, sarà comunque il paese con il maggior numero di musulmani (saranno circa 311 milioni) seguito da Pakistan, Indonesia, Nigeria.
  • Negli Stati Uniti i cristiani declineranno passando dai tre quarti ai due terzi della popolazione mentre i musulmani sorpasseranno gli ebrei;
  • Infine nell’Africa subsahariana le due principali appartenenze religiose – cristiana e musulmana – saranno trascinate all’insù dalla impetuosa demografia dell’area. La prima crescerà del 115%, la seconda del 170%. Tuttavia i cristiani saranno ancora la maggioranza assoluta (58%), sia pur in ridimensionamento, mentre i musulmani saranno poco più di un terzo del totale. Vi incidono l’alta fecondità di questi ultimi (5,6 figli per donna contro i 4,5 dei cristiani) e la loro età mediana molto bassa (17 anni contro i 19 dei cristiani).

Alcune specificità
Risulta interessante ora approfondire brevemente le tendenze di alcuni paesi. La prima tendenza è quella dei cosiddetti religiously unaffiliated, specie in due paesi come gli Stati Uniti e la Francia. Per quanto riguarda gli Stati Uniti la previsione è che al 2050 questi saranno il secondo paese al mondo, dopo la Cina, per numero di non credenti. Ma già oggi² vi è una profonda emorragia di cristiani (più protestanti che cattolici) che diventano atei, agnostici o “nothing in particular”. Si calcola che solo dal 2007 al 2014 i cristiani abbiano perso il 7,8% a fronte di una crescita dell’1,2 delle fedi non cristiane e soprattutto di un incremento del 6,7% dei religious nones. Perlopiù si tratta di giovani e giovanissimi (vengono presi in considerazioni quelli di età compresa tra i 18 ed i 29 anni, cioè una parte della cosiddetta Millennial generation) ai quali si aggiungono comunque gli abbandoni delle generazioni più vecchie, anche se in modo indirettamente proporzionale al crescere dell’età.

Per quanto riguarda l’Europa, soprattutto in Francia ed in Olanda i processi di secolarizzazione sembrano essere talmente avanzati da far prevedere che nel 2050 la principale religione sarà … la non religione. Infatti con percentuali rispettivamente del 44 e del 49% di non credenti questi due paesi non avranno più una maggioranza cristiana, cattolica o protestante che sia. Per la Francia, tradizionalmente definita “figlia prediletta della Chiesa”, si tratta della evoluzione della crisi di un credere cattolico che era entrato in affanno già negli anni trenta del Novecento (come rilevò la nascente sociologia religiosa di Le Bras). E la parabola sembra essere la stessa anche per il cattolicesimo olandese, nonostante che al tempo del Concilio apparisse particolarmente progressista ed aperto. In generale i non credenti diverranno il 23% nel continente europeo, nonostante la loro modesta fecondità.

Un’altra area e con diversa tendenza è quella dei Balcani, in cui è prevista al 2050 la maggioranza musulmana in Bosnia ed in Macedonia nelle percentuali rispettivamente del 49 e del 56. Il discorso è delicato perché rompe equilibri etnici complessi all’interno di realtà statuali assai fragili. In Bosnia altera gli equilibri con gli ortodossi (serbi) e con i cattolici (croati). In Macedonia con gli ortodossi slavi a favore evidentemente della componente albanese. Il discorso da demografico-religioso si fa demografico-politico ³, come già avvenne con l’albanesizzazione nel Kosovo. In Macedonia la tendenza sembra oggi ripetersi osservando infatti lo iato tra la fecondità della minoranza dei musulmani albanesi (1,7 figli per donna) e quella degli slavo-macedoni (1,3). E’ possibile prevedere che tutto ciò potrà aggiungere ulteriore instabilità politica alla regione balcanica.

Infine l’Italia, che nelle proiezioni del Pew Research Center sembra seguire – anche se con maggior moderazione – il mainstream europeo. Che si sintetizza in una emorragia di quasi 10 milioni di cattolici (in una popolazione complessiva che però si ridurrà di 4 milioni e mezzo di abitanti al 2050) pur mantenendo comunque la leadership del credere cristiano con il 72,8%. Crescono i musulmani (per l’effetto combinato di immigrazione, fecondità e maggior presenza di giovani) di circa tre milioni arrivando al 9,5%, un punto sotto la media europea. Crescono infine anche gli unaffiliated di circa 1.700 mila unità, arrivando a pesare per il 16,3% del totale, sette punti sotto la media europea. Naturalmente queste cifre nulla ci dicono circa la “qualità” del credere, ma questo è un discorso che va oltre gli obiettivi dei lavori qui presentati dell’istituto di ricerca americano.

Note
¹Pew Research Center, The Future of World Religions: Population Growth Projections,2010-2050, April 2, 2015;
²Pew Research Center, America’s Changing Religious Landscape, May 12, 2015;
³Dumont G. F., Démographie politique. Les lois de la géopolitique des populations, Ellipses, Paris, 2007.

I dati prodotti dal Pew Research Center americano portano ad una “demografia delle religioni” proiettata al 2050. Con un quasi testa a testa tra cristiani e musulmani, questi ultimi favoriti dall’alta fecondità e dalla maggior presenza di giovani. Ma soprattutto nel mondo occidentale crescono anche gli areligiosi per effetto della secolarizzazione.

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