1

Africani d’Italia

Negli ultimi anni il dibattito sull’immigrazione è stato spesso associato all’approdo sulle coste italiane di migranti irregolari provenienti dal continente africano, tanto che una parte dell’opinione pubblica ritiene che sia in atto una “invasione dall’Africa”. Con l’obiettivo di ricondurre il dibattito in un quadro di dati veridici, Fabrizio Ciocca illustra la consistenza, le caratteristiche e la distribuzione dei cittadini africani che vivono in Italia.

Secondo i dati Istat al 1° gennaio 2019 dei 5,2 milioni di stranieri residenti in Italia, il 21,7% ha la cittadinanza di un paese africano, si tratta di circa 1 milione e 140 mila persone pari all’1,8% della popolazione che vive stabilmente sul territorio nazionale.

Un collettivo che si distribuisce tra 54 differenti nazionalità – numero che corrisponde esattamente a quello delle nazioni del continente africano – ma che in particolare vede concentrarsi tra le prime dieci per numerosità ben l’89% di tutti gli africani residenti in Italia (Figura 1)

Una comunità africana plurale, che si frammenta in tante altre micro-comunità, a loro volta caratterizzate da lingue, culture e tradizioni diverse. Relativamente all’aspetto religioso, è prevalente l’appartenenza alla fede islamica1 (tra quelle più numerose in primis il Marocco, poi Egitto, Senegal e Tunisia) mentre le prime collettività cristiane sono quelle nigeriana (circa l’80% dei suoi membri2) e ghanese. Vi è poi una componente minoritaria che proviene dalle ex-colonie italiane: 9.252 sono i cittadini della Somalia, 8.773 dell’Eritrea, 7.515 dell’Etiopia, 2.647 della Libia, per un totale di circa 28 mila persone.

Ripartizione geografica e aspetti demografici

Per quanto riguarda la distribuzione sul territorio dei residenti con passaporto africano, circa i 2/3 si concentra in sole cinque regioni di cui quattro del Nord ed una del Centro Italia, mentre la maggiore incidenza si osserva in Emilia-Romagna: qui infatti la popolazione africana è pari al 3,2% del totale dei residenti nella regione ( tabella 1)

Tra le città con maggiore presenza di cittadini africani, troviamo Milano, con 60 mila soggetti, Roma 45 mila, Torino 35 mila; inoltre se si prende in esame anche l’intero territorio metropolitano delle tre città (che include anche i comuni delle ex-Province) sono 104 mila gli africani presenti all’interno dell’area metropolitana di Milano, 61 mila in quella di Roma e 49 mila in quella di Torino, pari ad un totale di 214 mila persone. In sintesi, il 19% degli africani in Italia vive esclusivamente in queste tre macro-aree urbane.

Relativamente alla composizione di genere, gli uomini sono 704.269 (quasi il 62% del totale complessivo degli africani residenti) e le donne 435.743 (poco più del 38%); analizzando i dati per singolo paese di cittadinanza, emerge però un quadro abbastanza variegato.

Infatti tra i marocchini la prevalenza maschile non è più marcata come in passato (gli uomini sono il 53%) e le donne di questa nazionalità sono chiaramente le più numerose tra tutte le nazionalità africane. Anche tra i nigeriani la predominanza maschile (59%) non è particolarmente forte, quantomeno rispetto a gruppi in cui la proporzione di uomini è vicina o superiore ai 2/3, o altri ancora come quelli originari del Mali o del Gambia costituti quasi esclusivamente da maschi (tale specificità è in questo caso legata principalmente al fatto che si tratta di rifugiati o titolari di una qualche forma di protezione internazionale). Tra gli immigrati provenienti da Capo Verde, Etiopia e Mauritius c’è invece una prevalenza femminile (tabella 2).

I naturalizzati e gli irregolari

Fino ad ora sono stati considerati solo gli africani residenti, ma se si vuole avere un quadro complessivo della popolazione di origine africana nel nostro Paese, andrebbero considerati anche i naturalizzati – che se ai fini statistici sono italiani hanno altresì un “background” culturale di origine africano – e gli irregolari. Per quanto riguarda la prima categoria, si consideri che al 1 gennaio 2019 sono 1.457.784 gli stranieri diventati italiani3.

La componente “africana” è stimabile4 ad un valore ben oltre le 300 mila persone (tra cui 200 mila marocchini, 25 mila egiziani, a cui seguono poi per maggior numero di acquisizioni tunisini e senegalesi), soggetti che provengono dall’Africa, e diventati italiani per residenza, matrimonio, o trasmissione della cittadinanza ricevuta dai genitori ai figli nel caso di minorenni.

Per quanto concerne gli irregolari, secondo le stime dell’ISMU ad inizio 2018 sarebbero circa 533 mila cittadini extra-comunitari, provenienti soprattutto dai continenti asiatico ed africano. In mancanza di valutazioni più analitiche possiamo supporre che i soggetti di nazionalità africana, siano circa 200 mila soggetti5.

Per avere un’idea quindi del totale della popolazione africana in Italia è necessario quindi sommare le diverse categorie: quella residente (1 milione e 140mila ), quella dei naturalizzati di origine africana (oltre 300 mila) e coloro che risultano attualmente irregolari (stimabili in 200 mila), per un plausibile valore di circa 1 milione e 700 mila persone, pari al 2,8% della popolazione complessiva che vive sul territorio italiano.

Conclusione

Dall’analisi dei dati disponibili emerge una collettività africana che al suo interno si articola in 54 differenti nazionalità, con marocchini, egiziani, nigeriani, senegalesi e tunisini che insieme rappresentano i tre quarti dell’intero collettivo. Accanto agli africani residenti, che costituiscono il gruppo nettamente maggioritario, a cui seguono gli africani diventati italiani e coloro presenti sul territorio ma irregolari.

Una presenza complessiva che seppur minoritaria, potrebbe rappresentare un’importante volano per il nostro Paese, per stabilire rapporti stabili e duraturi con le nazioni africane al di là del Mediterraneo, sia nell’ambito dello sviluppo economico che della cooperazione in loco. 

Note

¹La comunità islamica più numerosa in Italia? Quella Italiana.

2 Stima ORIM-ISMU al 2015

3 “Rapporto Annuale Istat 2019. La situazione del paese” (il valore ad inizio 2018 è riportato nel capitolo terzo, pg 130, tabella 3.2 ) a cui vanno sommate le cittadinanze rilasciate nell’anno 2018 pari a 112.523 ( “Popolazione e famiglie” – “Acquisizioni cittadinanza”)

4 stima di Fabrizio Ciocca sulla base dell’elaborazione di dati da diverse fonti (Istat, Ministero Interno, Ismu)

5 Blangiardo nel 2016 ha stimato la quota del numero di irregolari africani in Lombardia pari al 37% di tutti gli irregolari della Regione (“Rapporto 2016 L’immigrazione straniera in Lombardia” pag 45-46). Applicando per deduzione logica questo valore alla quota di irregolari presenti in Italia stimata dall’Ismu (533 mila) ad inizio 2018, si ha un valore pari a 197 mila persone: tuttavia è probabile i recenti flussi migratori via mare da diversi paesi africani possa portare questa valutazione ad un valore anche leggermente superiore ai 200 mila, per quanto si tratti di stime assolutamente di larga massima




Roma Capitale: oltre mezzo milione di stranieri

Roma Capitale

Oggi la città metropolitana di Roma Capitale rappresenta il territorio italiano con il maggior numero di immigrati regolari: 1 ogni 8 residenti. Un fenomeno, quello dell’aumento della popolazione straniera, in continua crescita. In questo articolo ce ne parla Fabrizio Ciocca.

La popolazione straniera sul territorio romano è da considerarsi un fenomeno oramai non solo stabile e permanente, ma in continua crescita. I dati in effetti sono impressionanti: attualmente sono oltre mezzo milione gli stranieri che risiedono nell’area urbana della città Metropolitana di Roma capitale (ex Provincia di Roma fino al 2014), pari al 10,8% del totale italiano. In particolare negli ultimi dieci anni vi è stato un notevole aumento della popolazione straniera: dalle 321 mila unità del 2008 alle 556 mila del 2018 (di cui il 68% vive nel comune di Roma), con un aumento di 235 mila unità ed un’incidenza sulla popolazione complessiva che cresce dal 7,9% al 12,8%.

Inoltre sempre nell’arco di tempo considerato, la popolazione complessiva è cresciuta di 294 mila unità; ciò significa che l’80% dell’aumento demografico è stato costituito da cittadini stranieri.

Per quanto riguarda le nascite, se all’inizio del 2008 risultavano registrati all’anagrafe 4.410 bambini stranieri nati nel corso dell’anno precedente¹, pari all’11% delle nascite totali del 2007 (39.270), dieci anni dopo l’incidenza dei bambini “immigrati” sale al 17% (5.653) sul totale delle nascite nell’anno solare 2017, pari a 33.063. Se quindi il numero di bambini nati da coppie con entrambi i genitori stranieri straniere aumenta nel tempo, quelli nati da coppie con i genitori entrambi italiani cala notevolmente, scendendo da circa 33 mila a 25 mila nel periodo di riferimento².

Le comunità immigrate: conferme e novità

Dall’analisi comparativa sulle singole comunità presenti emergono una serie di elementi di stabilità ma anche di novità. Le prime quindici per numerosità continuano a rappresentare oltre il 70% di tutti gli immigrati residenti; se nel 2008 queste concentravano il 72% di tutti gli stranieri, oggi ne costituiscono il 78%.

La comunità rumena e filippina rimangono ancora rispettivamente prima e seconda a distanza di 10 anni, ed insieme rappresentano il 40% di tutti gli immigrati residenti nell’area della città metropolitana di Roma. Si consolidano inoltre, per presenza e crescita costante, una serie di comunità che ormai fanno parte del “panorama storico” multiculturale del tessuto sociale città, quali per esempio quella peruviana, ucraina, egiziana, polacca ed albanese. (Fig.1)

Si registra però, rispetto al 2008, un notevole aumento di tutta la componente “asiatica” , che tra le comunità straniere, sono quelle che aumentano di più in termini percentuali il numero dei propri residenti: in particolare quella bengalese, che quasi triplica l’ammontare dei propri membri (prima comunità musulmana della Capitale), di quella indiana e cinese. (Fig.2)

Relativamente al Continente di origine, la maggioranza degli stranieri continua ad avere la cittadinanza di un paese europeo, ma cresce percentualmente la quota di coloro che provengono dall’Asia. In termini percentuali rimane stabile invece la componente ‘africana’ dei migranti, aumentando in termini assoluti di sole 25 mila unità rispetto al 2008. (Fig.3)

Nuclei familiari e single

Un altro parametro da prendere in considerazione in questa analisi è il rapporto numerico tra la componente maschile e femminile, criterio molto importante per capire il tipo di composizione interna dalle singole collettività. Prendendo quindi a riferimento sempre le 15 comunità straniere più numerose, e messe a confronto con i dati del 2008, per la maggior parte, la composizione percentuale tra maschi e femmine rimane sostanzialmente simile. (Fig.4)

Si confermano quindi 3 tipologie di ‘struttura migratoria’ consolidate: la prima, dove la caratteristica principale è il nucleo familiare (prima fra tutti quella cinese, albanese e poi rumena), un secondo, dove è quasi prevalente la componente maschile (soprattutto tra bengalese ed egiziani) ed infine comunità a guida “femminile” (in particolare tra le nazioni latino-americane e dell’Europa dell’est), dove la maggior parte è composta da donne lavoratrici single, impiegate per lo più come domestiche e colf.

Conclusioni

Analizzando i flussi migratori e la componente straniera negli ultimi dieci anni, si comprende come il fenomeno sia non solo stabile, ma in continua crescita. A partite dal 2008 infatti, gli stranieri sono aumentati di oltre 230 mila unità, tra nuovi nati e ricongiungimenti familiari,

Il territorio della città metropolitana di Roma, in linea con le tendenze di altri grandi capitali europee come Londra, Parigi, Berlino, è caratterizzato da una forte componente straniera (oltre il 10% della popolazione totale), che nel corso dei prossimi anni sarà parte fondamentale, ancor più che oggi, del tessuto socio-produttivo della città e inciderà profondamente sulla variazione demografica della città.

L’apporto straniero in termini demografici, e con tutto quello che ne consegue in termini socio-economici, rimane quindi fondamentale, in un periodo in cui il nostro Paese sta vivendo una forte crisi delle nascite e un progressivo invecchiamento della popolazione, a cui non sfugge nemmeno Roma Capitale (negli ultimi dieci anni i decessi sono stati 396 mila mentre le nascite 383 mila).

Note

¹Rilevazione degli iscritti in anagrafe per nascita

² Nuovi nati registrati all’anagrafe nell’anno solare 2007 e 2017 – dati per la città metropolitana Roma Capitale

 




La comunità islamica più numerosa in Italia? Quella Italiana.

comunità islamica

Tra le questioni che agitano il dibattito politico italiano e internazionale, quella islamica è preminente. Fabrizio Ciocca ci aiuta a fare il punto sulle dimensioni della comunità islamica in Italia, una indispensabile base per ogni onesto dibattito sull’argomento.

La questione della presenza musulmana è ovunque in Occidente un tema di accesa discussione politica e sociale e il sentimento anti-islamico appare in continua crescita. Non sono pochi coloro che paventano una vera e propria “invasione islamica”. In questo scenario, è quanto mai necessario poter disporre di dati sulla reale presenza musulmana nel nostro Paese.

I Numeri

In Italia, come nella maggior parte dei paesi europei, non esistono statistiche ufficiali sulla confessione religiosa delle persone; per quanto riguarda gli stranieri, si usa in genere attribuire loro la stessa religione del paese di origine. Questo metodo non presenta rilevanti problemi per i paesi dove la religione islamica è la religione esclusiva, o quasi esclusiva; altrimenti si usa attribuire, agli stranieri di una data provenienza, la stessa quota che i musulmani hanno nella popolazione di origine (sistema della “quota”) per ricavare una stima degli stranieri islamici. Questo metodo è sicuramente molto approssimato¹, ma fornisce comunque utili indicazioni generali.

Una prima stima a livello ufficiale è stata effettua dallo statunitense PEW Research Centre, che nel 2010 valutava la presenza in Italia dei musulmani residenti (regolari e rifugiati) pari al 3.7% della popolazione complessiva al 1/1/2011 per un valore di 2,2 milioni. Di questi, il 69% aveva un passaporto straniero mentre il 31% era di nazionalità italiana. Le prime dieci comunità islamiche per numerosità includevano l’88% di tutti i musulmani stranieri immigrati (Tabella 1).

La fondazione ISMU, in un recente studio² su “La presenza musulmana in Italia” al fine di correggere le distorsioni connesse all’applicazione del sistema della quota , utilizzando indagini campionarie condotte in diversi anni sulla popolazione straniera residente in Lombardia (in cui vive il 25% di tutti gli immigrati in Italia), ha provato a definire in modo più preciso l’appartenenza religiosa delle singole comunità immigrate. L’ISMU ha così valutato in 2,574 milioni i musulmani in Italia all’inizio del 2015, (valore che arriva a 2,7 milioni, includendo però anche la quota degli irregolari stimata intorno alle 200 mila unità a quella data),  di cui 900 mila con passaporto italiano.

Un’ulteriore stima aggiornata è stata realizzata ancora dal Pew, che per il 2016 ha stabilito al 4.8% l’incidenza dei musulmani regolari sulla popolazione complessiva Italiana, pari a 2.9 milioni di soggetti; utilizzando invece la metodologia Ismu si avrebbe un valore pari 2.52 milioni³ per lo stesso anno. Per quanto riguarda invece la componente italiana, il PEW la stima in 1,.27 milioni. Di questi, 460 mila sono i naturalizzati con la cittadinanza[4], mentre i restanti 817 mila comprendono tutti i convertiti, e tutti coloro che sono nati già musulmani italiani, ossia da famiglie con almeno un genitore italiano. Indipendentemente dal tipo di metodologia utilizzata, emerge una serie di interessanti indicazioni: siamo in presenza di un Islam multietnico e multinazionale, stabile, composto da un insieme di soggetti con culture e tradizioni diverse, legati da una visione religiosa comune, per una cifra poco inferiore ai 3 milioni di persone e meno del 5% della popolazione complessiva in Italia.

Relativamente alle singole collettività immigrate, quella Marocchina e quella Albanese sono numericamente la prima e la seconda comunità islamica del Paese; è pur vero, però, che la prima comunità islamica è proprio quella Italiana, con oltre un milione di presenze.

Il ruolo della cittadinanza

Di notevole interesse è constatare come nel quinquennio 2012-2016, oltre la metà delle 657.982 richieste di cittadinanza accolte sono state presentate da cittadini provenienti da Paesi Islamici[5] (o con una elevata presenza musulmana, come nel caso della Macedonia)(Tabella 2).

Confrontando le stime effettuate dal Pew Research Center nel 2010 e nel 2016, risulta che in 6 anni i musulmani sono aumentati di 688 mila unità, pari ad un incremento annuale di 114 mila soggetti. Crescita determinata non tanto dalla componente straniera, aumentata di 191 mila unità (di cui la maggior parte sono soprattutto rifugiati o persone con un status di protezione internazionale), ma da quella “italiana” che ha un incremento di 497 mila unità, per la maggior parte attraverso l’acquisizione della cittadinanza. La  percentuale degli Italiani  musulmani sul totale dei musulmani è perciò aumentata dal 31% del 2010 al 44% del 2016.

Nessuna invasione ma minoranza stabile

In conclusione, i musulmani in Italia costituiscono meno del 5% di tutta la popolazione residente e dal 2010 sono aumentati di quasi settecentomila unità. Si tratta di numeri considerevoli, ma che non consentono di sostenere la tesi di un’Italia sommersa da una “invasione islamica”. Siamo di fronte ad una minoranza religiosa stabile, sempre meno legata ai fenomeni migratori e sempre più “italiana”, di dimensioni rilevanti, e di interesse crescente per i movimenti politici.

Note

¹ Per molti Paesi, è assai incerta la distribuzione della popolazione secondo la religione di appartenenza

²Alessio Menonna, “La presenza musulmana in Italia”, Factsheet, Giugno 2016, Fondazione ISMU

³scarto dovuto soprattutto al fatto che il centro di ricerca italiano assegna una percentuale di affiliazione religiosa all’Islam per l’Albania e la Nigeria decisamente inferiore rispetto al PEW

[4] Dal 2012 al 2016 applicando il sistema delle ‘quote’ sul numero di cittadinanze rilasciate sono circa 328 mila i musulmani naturalizzati, a cui vanno aggiunti altri 132 mila diventati italiani tra il 2002 e il 2011

[5] I numeri della cittadinanza




I numeri della cittadinanza

cittadinanza: immagine di un passaporto

Il Parlamento sembra intenzionato a riannodare i fili della legge sulla cittadinanza che dovrebbe sostituire quella basata sulla “ius sanguinis” ; infatti il 13 ottobre del 2015 la Camera aveva approvato lo ius soli “temperato”, cioè il diritto del suolo (mediante il quale si acquisisce la cittadinanza alla nascita se questa avviene nel territorio dello Stato, da genitori stranieri residenti in Italia da almeno 5 anni) e “ius culturae” (applicabile per i minori stranieri nati in Italia o arrivati entro i 12 anni, che abbiano frequentato le scuole italiane per almeno cinque anni e superato almeno un ciclo scolastico).
Da allora però il testo è rimasto in commissione Affari costituzionali del Senato ed è ancora in vigore la legge n. 91 del 5 febbraio 1992 che prevede l’acquisizione della cittadinanza da parte dei nati in Italia da madre, o padre, straniera, qualora l’altro coniuge sia italiano.

Aumentano i nuovi italiani

In base alla legge attuale, gli immigrati possono chiedere la cittadinanza italiana solo se hanno la residenza in Italia da almeno dieci anni consecutivi (oltre a un reddito minimo e il regolare pagamento dei contributi negli ultimi 3 anni al momento della richiesta) o dopo 3 anni di matrimonio con partner di cittadinanza italiana. Se invece il soggetto straniero nasce in Italia, deve comunque aspettare il compimento dei 18 anni per farne richiesta.
Nel corso del triennio 2013-2015, secondo dati Istat, sono state accolte positivamente 408.624 richieste di cittadinanza, come esposto in tabella 1.

Tra le prime dieci comunità straniere che hanno registrato il maggior numero di procedimenti conclusi favorevolmente, diverse sono a prevalenza musulmana (Marocco, Bangladesh, Pakistan, Tunisia, Egitto e Senegal). Tenendo conto della percentuale di appartenenza religiosa nei paesi di origine (stime del PEW Research Center), è possibile stimare in circa 190 mila li stranieri musulmani che sono diventati italiani nel triennio 2013-15.
Interessante notare come oltre la metà delle richieste totali accolte sono ripartite tra soli 6 paesi, come illustrato nella figura 1.
Relativamente alla modalità di acquisizione, drasticamente in calo è quella per matrimonio, in aumento quella per residenza, stabile quella per trasmissione ed elezione (tabella 2).Per quanto riguarda il 2016, i dati sono parziali ed ancora in fase di elaborazione. Tuttavia, il numero di richieste accolte è stato stimato dall’Istat in circa 200 mila, tra cui oltre 30 mila richieste accolte nelle comunità marocchina e albanese.

I possibili effetti della riforma

Secondo un recente studio della Fondazione Moressa² i minorenni stranieri nati in Italia, figli di genitori residenti da almeno 5 anni sono 634 mila, che con l’introduzione dello ius soli ‘temperato’, diventerebbe automaticamente italiani. A cui andrebbero aggiunti altri 166 mila ragazzi – che beneficerebbero dello ‘ius culturae’ – nati all’estero, e che hanno già completato un ciclo di studio in Italia. Per un totale di 800 mila potenziali nuovi italiani.
E’ facile quindi comprendere che con l’entrata in vigore della proposta di legge, questa avrebbe un impatto importante anche, e soprattutto, sulla popolazione straniera musulmana³, ossia quel milione e quattrocentomila di musulmani stranieri residenti in Italia ( pari al 2,4% della popolazione totale), come illustrato in figura 2.

Infatti, secondo il Ministero dell’Istruzione, sono circa 300mila[4] i ragazzi musulmani che frequentano il Sistema scolastico italiano, di cui oltre la metà nati in Italia. Questi senza aspettare il compimento dei 18 anni, vedrebbero applicarsi lo ‘ius temperato’ e lo ‘ius culturae’ immediatamente, diventando automaticamente Italiani. Se attualmente i 2/3 dei musulmani in Italia ha ancora un passaporto straniero, con la nuova legge è possibile ipotizzare che nel corso del prossimo decennio, la gran maggioranza dei musulmani stranieri residenti oggi sul territorio sarà divenuta italiana. Ciò implica che nel lungo periodo, avremo una collettività musulmana con una carta in più per procedere sul cammino dell’integrazione. Con più diritti, ma anche con i doveri e le responsabilità che la cittadinanza italiana comporta.

 

¹Sommatoria di tutte le richieste di cittadinanza accolte di soggetti provenienti dai paesi islamici, di cui 186 mila relative ai 7 paesi della tabella, tenendo conto delle % di appartenenza religiosa nei paesi di origine stimati dal PEW Research Center

² Fondazione Leone Moressa 800 mila nuovi italiani.

³ Fondazione Ismu La presenza musulmana in Italia

[4] Rapporto Miur-Ismu “Gli alunni cittadini italiani: quadro sintesi”

Fonti tabelle e figure

Fonte tabella 1: elaborazioni su dati Istat

Fonte figura 1:  elaborazioni su dati Istat

Fonte figura 2: elaborazioni su dati Ismu

Save

Save

Save

Save




Roma prima città italiana per presenza Musulmana

La Stima dei Musulmani
Il numero complessivo dei residenti musulmani presenti nel Comune di Roma non è calcolabile in maniera precisa, tuttavia è possibile procedere con delle stime approssimative, partendo dalla percentuali ufficiali delle confessioni religiose nelle Nazioni di origine, metodo solitamente utilizzato dalla Caritas per il Dossier Statistico Annuale e dal Centro Studi e Ricerche IDOS per definire le confessioni religiose degli immigrati.

Naturalmente quando si parla di straniero musulmano, si fa riferimento ad un soggetto che proviene da una Nazione la cui confessione religiosa principale è quella Islamica. Un concetto di appartenenza religiosa non legato quindi solo al culto che si pratica, ma anche ad una memoria collettiva costituita da un codice complesso di tradizioni, valori comuni, condotte simboliche.

Basarsi quindi esclusivamente sulla nazionalità di origine per determinare l’appartenenza religiosa presenta ovviamente dei limiti statistici; tuttavia i dati elaborati possono fornire utili indicazioni per inquadrare la situazione del fenomeno.

La stima dei musulmani residenti all’interno del Comune di Roma è quindi effettuata applicando, ad ogni gruppo nazionale di immigrati stranieri residenti, la percentuale di musulmani presente nella Madrepatria (utilizzando quelle definite dal PEW Research Center). Ciò significa che se la percentuale di musulmani in Egitto è pari al 94% della popolazione autoctona, ed all’interno del Comune di Roma abbiamo 100 Egiziani residenti, si presume che 94 di questi siano di religione islamica.

Applicando questo metodo¹ sui dati disponibili dell’Ufficio Statistica del Comune di Roma al 31 Dicembre 2015, il numero di residenti stranieri musulmani è pari a 71 mila circa, corrispondente al 2,5% di tutta la popolazione residente nel Comune, sostanzialmente in linea con il dato nazionale , che stima i musulmani residenti in Italia con passaporto straniero al 2,7%. Ciò significa che il 20% dei residenti stranieri nella Capitale è di religione islamica.

Comunità Islamiche Multietniche e Multinazionali

Dall’analisi proposta emerge che i musulmani residenti nella Capitale provengono da 42 Nazioni (di cui 4 legate da un “passato coloniale” Italiano, quali Libia, Somalia, Eritrea ed Etiopia) e da 3 Continenti diversi, di cui il 92% dovrebbe essere sunnita e l’8% sciita. Il quadro che emerge all’interno del Comune di Roma è quello di un “piccolo” Islam multietnico e multinazionale. Quindi un Islam che non trova un’unica nazione a rappresentarlo o un’unica comunità o regione geografica. Abbiamo invece una Umma, la Comunità dei fedeli, molto diversificata al suo interno, per fattori etnici e culturali. Questa pluralità delle Comunità Islamiche rappresenta sicuramente un elemento positivo, soprattutto se confrontata con altri grandi Città Europee (per esempio a Berlino il 73% della comunità musulmana è Turca, a Parigi prevale la componente magrebina, ed a Londra il 53% dei musulmani sono di origine pakistana o bengalese)

Come si vede dai dati elaborati, le prime 5 Comunità per numerosità rappresentano il 66% di tutti i residenti stranieri musulmani presenti nel Comune di Roma.

E’ interessante notare che si tratta di cinque comunità storicamente radicate nel Comune di Roma, la cui migrazione è iniziata a cavallo tra gli anni ottanta (egiziana e marocchina inizialmente) e anni novanta (bengalese prima e successivamente albanese), per lo più inserite all’interno del settore della ristorazione, dei servizi, del commercio al dettaglio e dell’edilizia. Tutte comunità con una forte presenza sul territorio (con lo sviluppo di una serie di associazioni e rappresentati a disposizioni dei propri membri), i cui soggetti spesso hanno ottenuto il ricongiungimento familiare, a testimoniare evidentemente una volontà di rimanere in Italia per molti anni a venire, se non per sempre.

In particolare ci troviamo di fronte ad un’immigrazione musulmana che è diventata permanente nel tempo, portatrice di bisogni all’interno della Società, che da migrazione “economica” (ossia di maschi adulti temporaneamente presenti) è diventata una migrazione di “popolamento”, che si è insediata nel territorio, distribuendosi in particolare su specifiche aree periferiche, specie nel V e VI Municipio.

Un altro interessante spunto fornito dall’analisi dei dati è quello che emerge analizzando il Continente di provenienza; i musulmani stranieri a Roma si dividono in 3 blocchi: un “Islam Africano”, un “Islam Asiatico” ed un “Islam Europeo”.

Questo diversa provenienza culturale ovviamente comporta diverse modalità anche nelle pratiche religiose e tradizionali e un diverso modo di interpretare il codice simbolico di valori e tradizioni Islamiche .

Conclusioni

Naturalmente per avere un numero complessivo dei musulmani presenti nell’Urbe, andrebbero aggiunti quelli che hanno ottenuto la cittadinanza, i convertiti e gli irregolari (ossia coloro con permesso di soggiorno scaduto o non rinnovato). Per quanto riguarda i musulmani di cittadinanza italiana, stimati in 900mila nel 2015 dalla Fondazione ISMU, è possibile ritenere che di questi, circa 40 mila (compresi i convertiti, stimati tra le 3 e 4 mila unità) sono presenti all’interno del Comune di Roma. Sommando questo valore ai 71 mila musulmani stranieri, si arriva ad una presenza regolare di musulmani pari a 111 mila abitanti, pari al 3.8% della popolazione residente nel Comune di Roma; se a questa cifra si aggiunge anche la stima di quelli irregolari (circa 10 mila nella Capitale, su un valore complessivo di 430 mila in Italia al 2015), si arriva a 120 mila persone, ossia l’intera popolazione della città di Pescara o Bergamo.

La Capitale oggi è la prima città Italiana per numero assoluto di presenze musulmane, avendo superato la soglia delle 100 mila unità; infatti applicando la stessa metodologia di stima utilizzata in questa sede, nel comune di Milano vi sono circa 96 mila musulmani ( tuttavia con una percentuale sul totale della popolazione residente milanese superiore rispetto a quella di Roma, 7 % versus 3,8% ).

Da notare inoltre che l’Islam è la seconda religione per numero di fedeli della Capitale dopo quella Cattolica, superando quella Ortodossa, ferma a 94.000 appartenenti. Infine un’ultima annotazione. Dalla stima effettuata, dei circa120 mila Musulmani presenti a vario titolo (regolari ed irregolari) sul territorio Capitolino, quelli con cittadinanza italiana rappresentano il 33% sul totale, segno evidente di un mutamento sociale in atto anche all’interno delle Comunità Islamiche

note

¹ Il calcolo è stato effettuato sul numero dei residenti nel comune di Roma provenienti da paesi a maggioranza Islamica e su i residenti provenienti da Nazioni con una forte presenza di musulmani al suo interno, ossia almeno un terzo della popolazione totale

 

Save

Save

Save

Save

Save

Save

Save

Save