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Un mondo di maschi

Nel marzo 2010, l’Economist ha pubblicato un’inchiesta relativa alle conseguenze sociali del disequilibrio fra i sessi alla nascita nei due paesi più popolosi del mondo: Cina e India. L’articolo, intitolato “Gendercide: Worldwide war on baby girls” (Femminicidio: una guerra mondiale contro le figlie femmine) mostra come il calo di nascite femminili riguardi non solo le aree arretrate, dove prevalgono i vecchi pregiudizi e un ancestrale preferenza per il figlio maschio, ma anche quelle ricche, dove il fenomeno viene favorito dall’uso combinato di ecografie e aborti selettivi.



Un fenomeno macroscopico
Il fenomeno non è nuovo: da tempo mancano all’appello milioni di donne mai nate, uccise o lasciate morire. Nel 1990 l’economista indiano (e poi premio Nobel) Amartya Sen calcolava un totale di cento milioni di “donne mancanti”, e oggi il numero è aumentato, in proporzione alla crescita delle rispettive popolazioni. Il “ginecidio” è più diffuso di quanto si creda, non solo in Asia, e colpisce in modo simile quasi tutti gli strati sociali: ricchi e poveri, istruiti e analfabeti, indù e musulmani, confuciani e cristiani. Interessa anche società ricche e aperte come quelle di Taiwan e Singapore. Ma la tradizionale preferenza per i figli maschi si combina oggi pericolosamente con altri due elementi: il desiderio di avere una famiglia meno numerosa e l’introduzione delle ecografie per la determinazione del sesso del feto.

In passato, quando era normale avere molti figli, le famiglie pensavano che prima o poi un maschio sarebbe arrivato. Ma oggi la maggioranza delle persone vuole al massimo due figli, e questo aumenta il rischio che le coppie assolutamente non vogliano una bambina. Per questo, in India, ad esempio, il rapporto risulta più squilibrato proprio nelle zone più moderne: è qui che tecnologia e crescita del reddito pro capite rendono più facile selezionare il sesso dei propri figli, già dentro l’utero materno.
E, non a caso, il rapporto fra i sessi alla nascita peggiora progressivamente dopo il primo figlio: alla prima gravidanza i genitori possono accettare la nascita di una femmina, ma alla seconda o terza, se hanno avuto femmine in precedenza, faranno di tutto perché nasca un maschio. Contrariamente a quel che si può essere portati a credere, la situazione peggiora al crescere del reddito e dell’istruzione: nel Punjab, ad esempio, le seconde e terze figlie di madri istruite hanno il doppio di probabilità di morire prima dei cinque anni rispetto ai loro fratelli, indipendentemente dall’ordine di nascita.
In Cina, la situazione è anche peggiore. Per esempio, in una delle provincie più popolose, il Guandong, il rapporto fra i sessi di tutti i nati è di 120 maschi ogni 100 femmine. Se però si considerano solo i primogeniti, si scende a 108/100, cioè non molto al di sopra del valore normale (105-106%). Ma con i secondogeniti il rapporto sale a 146 maschi ogni 100 femmine. E nei pochi casi in cui ai genitori è concesso di avere un terzo figlio si arriva a 167/100 (The Economist).


Il ricorso all’ecografia per la determinazione del sesso del feto è ormai alla portata della maggior parte delle famiglie indiane e cinesi, visto che costa in media 12 dollari. E il ricorso all’aborto selettivo, pur se formalmente vietato in quasi tutti i paesi, resta comunque molto diffuso perché risulta praticamente impossibile dimostrare che un aborto è stato deciso per motivi di selezione sessuale.



Conseguenze
Nei paesi in cui lo status sociale è legato al matrimonio e ai figli, come in Cina e in India, la difficoltà dei giovani nel trovare una possibile sposa costituisce una delle possibili cause dell’escalation della violenza e dell’instabilità sociale. In Cina, in particolare, allo squilibrio tra i sessi si può probabilmente imputare, almeno in parte, l’aumento di fenomeni quali rapimento e compravendita di donne, stupro e prostituzione. Inoltre è qui che, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il tasso di suicidi tra le donne è il più alto del mondo.
Altre conseguenze dello squilibrio tra i sessi sono non meno sorprendenti. Per esempio l’aumento del tasso di risparmio delle famiglie cinesi con un solo figlio maschio: il capitale accumulato serve a rendere il figlio più appetibile sul mercato dei matrimoni, sempre più competitivo.
Nonostante l’aborto selettivo si stia diffondendo, pur se con intensità e ritmi diversi in molti paesi in via di sviluppo, lo scenario futuro non è del tutto catastrofico. Alcuni segnali positivi arrivano dalla Corea del Sud, dove il rapporto tra i sessi alla nascita, un tempo fortemente squilibrato (117 maschi per 100 femmine nel 1990) è tornato adesso su valori più naturali (107 a 100 nel 2010; v. Cia “The World Factbook“,  https://www.cia.gov/library/publications/the-world-factbook/index.html).
Cina e India sono molto più povere della Corea del Sud, ma i loro governi stanno compiendo grandi sforzi, con leggi, campagne televisive, e altro, per cercare di invertire la tendenza. Si può quindi sperare che presto i due giganti asiatici seguiranno l’esempio sud-coreano.
 

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