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Quando la seconda generazione è da noi: successi e insuccessi degli alunni stranieri nella scuola italiana

Le seconde generazioni
La condizione della seconda generazione rappresenta un punto di riferimento essenziale per valutare gli esiti complessivi di un flusso migratorio. Più questa condizione si avvicinerà a quella del resto della popolazione, più i processi di integrazione dimostreranno di aver svolto con efficacia il loro compito e maggiori saranno le opportunità per la società d’arrivo di metter positivamente a frutto la risorsa rappresentata dai figli degli immigrati. Più, invece, le due condizioni saranno lontane, maggiore sarà la probabilità dell’emarginazione sociale e della segregazione: una risorsa potenziale si sarà così trasformata in un problema reale.

E’ per questi motivi che da qualche anno gli studi sulle seconde generazioni stanno acquistando uno spazio sempre maggiore nei paesi d’immigrazione. Anche in Italia, che per l’immigrazione resta pur sempre un “nuovo arrivato”, l’interesse è cresciuto e ha stimolato studi[1] e ricerche (vedi G. Dalla Zuanna). Nel nostro paese l’avvio dei flussi d’immigrazione è ancora troppo recente per poter disporre di dati simili a quelli utilizzati da Impicciatore per analizzare la condizione della nostra seconda generazione in alcune delle mete favorite dell’emigrazione italiana, ma alcune delle informazioni a disposizione consentono di ricostruire almeno un quadro sommario della situazione.
Gli alunni stranieri nella scuola italiana
La scuola è uno dei terreni decisivi su cui si gioca la partita dell’integrazione e si costruisce il futuro della convivenza interetnica in un paese d’immigrazione (vedi L. Mencarini). In Italia, secondo i dati del Ministero della Pubblica Istruzione, gli alunni stranieri hanno superato nello scorso anno scolastico il mezzo milione di unità, con una crescita continua e regolare che, negli ultimi vent’anni, ha interessato tutti gli ordini di scuola (vedi A. Rosina). E’ facile previsione che la crescita continuerà anche negli anni a venire, e forse con intensità persino maggiore. Siamo di fronte a un cambiamento epocale che sta mutando radicalmente e silenziosamente la geografia umana del paese, con una sempre più numerosa seconda generazione nata in Italia o giunta da noi prima dei 18 anni.
Storie di successo o di insuccesso?
Ma con quali risultati i figli e le figlie degli immigrati stanno frequentando le nostre scuole? Le rilevazioni del Ministero della Pubblica Istruzione[2], oltre a misurarne la presenza nel nostro sistema scolastico, offrono anche alcune informazioni sul ritardo e sui risultati dei bambini stranieri, utilizzabili per farsi un’idea della distanza che li separa dai giovani italiani.
Gli studenti stranieri, ad esempio, molto più frequentemente di quelli italiani, hanno un’età anagrafica maggiore di quella prevista dall’ordinamento scolastico per la classe frequentata (Fig. 1). Già all’inizio delle elementari il distacco è notevole: la quota di alunni stranieri in ritardo è, infatti, del 10,7% contro l’1,3% degli italiani. Alla fine della scuola primaria il divario si è ampliato, con valori che arrivano rispettivamente al 35,2 e al 2,3%. La distanza si allarga ulteriormente nelle scuole medie, alla cui conclusione è in ritardo il 60,5% degli alunni stranieri e l’8,8% di quelli italiani. Nelle superiori, lo scarto rimane molto ampio ma tende a ridursi, per la crescita degli alunni italiani in ritardo e per la diminuzione dei valori per quelli stranieri dopo il terzo anno di corso. A conclusione dell’ultimo ciclo scolastico risultano in ritardo circa un quarto degli studenti italiani e quasi il 70% di quelli stranieri.
I ritardi, in realtà, non necessariamente sono il risultato di un insuccesso scolastico, ma possono anche essere determinati da altri fattori, legati al percorso migratorio dei ragazzi e che hanno comportato un inserimento nella scuola tardivo e non rispondente all’età anagrafica. La differenza tra alunni stranieri e italiani resta però anche considerando una misura più specifica come le percentuali di promozione (Tab. 1). La differenza si attenua, ma è presente in tutti i livelli scolastici. Uno scarto sia pur lieve (3,2 punti percentuali) si riscontra già nelle scuole elementari, dove la quasi totalità degli studenti italiani viene promossa; la differenza si amplia a 7,9 punti nelle medie e raggiunge i 12,8 nelle superiori.
Tab. 1 – Percentuali di promossi per tipo di scuola (a.s. 2004-2005)
Tipo di scuola

 

Alunni Stranieri

 

Alunni italiani

 

Primaria

 

96,7

 

99,9

 

Secondaria I grado

 

89,8

 

97,7

 

Secondaria II grado

 

72,3

 

85,1

 

Fonte: dati Ministero Pubblica istruzione.
Un approfondimento condotto dal Ministero sui dati dell’anno scolastico 2003-2004[3] non ha prodotto risultati univoci, mostrando, in definitiva, come la relazione tra numero di studenti stranieri ed esiti scolastici sia tutt’altro che lineare, perché molto dipende dalla qualità dell’intervento messo in atto dalle scuole. In attesa che anche in Italia siano disponibili dati che permettano di analizzare con più precisione la situazione delle seconde generazioni all’interno del sistema formativo, i risultati delle rilevazioni del Ministero mostrano una situazione con aspetti già ora problematici. La maggior quota di alunni in ritardo rispetto all’età anagrafica e la più alta percentuale di bocciature sono segnali evidenti della distanza che separa i giovani stranieri da quelli italiani. Una distanza che, inevitabilmente, nei prossimi anni si trasferirà nel mercato del lavoro e nella società, dove una quota non trascurabile della seconda generazione rischia di trovarsi con competenze decisamente inferiori a quelle dei figli degli italiani.

[1] M. Ambrosini e S. Molina (a cura di), Seconde generazioni. Un’introduzione al futuro dell’immigrazione in Italia, Edizioni Fondazione Giovanni Agnelli, Torino, 2004.

 

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