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Misure di povertà economica a livello locale e loro aggiustamento per il differente costo della vita

Le comparazioni a livello locale delle misure di povertà economica devono tener conto, tra i vari fattori, anche del differente costo della vita. Luigi Biggeri e Monica Pratesi, impiegando opportuni Indici Spaziali dei Prezzi (ISPi) operano interessanti confronti tra le diverse aree del Paese, e osservano come le famiglie in povertà assoluta che risiedono al Nord e al Centro, si scontrino con un livello generale dei prezzi più alto che altrove.

E’ recentemente apparso in Neodemos un interessante articolo su “Il divario dei prezzi tra il Nord e Sud e le misure di povertà e disuguaglianza” (D’Alessio, 2018), argomento da approfondire dato che i differenti livelli dei prezzi nella varie aree di un Paese hanno un importante riflesso sul disegno e l’attuazione di policy, a livello nazionale e territoriale, per la riduzione della povertà (Bishop et al., 2017; Biggeri e Pratesi, 2017; Biggeri et al., 2018).

Le comparazioni a livello locale delle misure di povertà economica devono tener conto dell’influenza di vari fattori, quali l’entità e qualità dei servizi disponibili, delle infrastrutture di trasporto, ecc., ma, in primo luogo, del differente costo della vita “deflazionando” le grandezze economiche impiegando opportuni Indici Spaziali dei Prezzi (ISPi). Detto così il problema sembra facilmente risolvibile, ma così non è, poiché tali indici non vengono calcolati correntemente dagli istituti Nazionali di Statistica e non sono sempre adeguati al fine per il quale vengono usati (Biggeri, 2018). Se interessa effettuare comparazioni corrette occorre pertanto impostare e implementare un sistema di ISPi da utilizzare per le varie necessità.

Gli Indici Spaziali dei Prezzi a livello sub-nazionale

La necessità di tener conto delle differenze del costo della vita nei confronti spaziali del Prodotto Interno Lordo (PIL) e sue componenti, delle misure di disuguaglianza e di povertà, dei salari, ecc, è riconosciuta da tutti. La raccolta dei dati (prezzi e pesi) in oltre 170 Paesi e la costruzione degli indici chiamati Purchasing Power Parities (Parità del Potere di Acquisto, PPA), effettuata nell’ambito dell’International Comparison Program (ICP) coordinato dalla World Bank, consente confronti adeguati tra i vari Paesi. Da vari decenni si discute e si riconosce l’importanza di costruire gli ISPi anche a livello sub-nazionale all’interno di ciascun Paese. Purtroppo, nonostante i molti papers ed esperimenti condotti anche dagli Istituti Nazionali di Statistica (Laureti e Rao, 2018; Biggeri, 2018), soltanto negli USA tali indici sono pubblicati annualmente.

Le elaborazioni degli ISPi sub-nazionali si diversificano in relazione agli scopi che si prefiggono, per le proprietà che gli indici devono soddisfare e le metodologie impiegate per il loro calcolo, nonché per i dati utilizzati. Rinviando per approfondimenti ai papers citati, nella maggior parte dei casi si cerca di costruire PPA sub-nazionali per confrontare il Pil pro-capite e le sue componenti o, più frequentemente, PPA sub-nazionali per l’aggregato dei Consumi delle famiglie facendo riferimento ai dati sui prezzi raccolti in occasione del calcolo gli Indici dei Prezzi al Consumo (IPC), con o senza ulteriori indagini ad hoc per specifici prodotti. A volte sono invece impiegati i dati sui prezzi di uno specifico prodotto o servizio e in particolare si usa “costo” del servizio dell’abitazione, sia per confronti riguardanti il reddito disponibile delle famiglie, sia per disegnare politiche per la casa a livello territoriale (Bishop et al., 2017).

Informazioni disponibili ed evidenze per l’Italia

Le uniche evidenze empiriche ufficiali del calcolo delle PPA sub-nazionali in Italia si riferiscono a circa 10 anni fa (Istat, 2010). In tale occasione l’Istat ha stimato le PPA per i prezzi al consumo per le 20 città capoluogo di regione riferite al 2009 (per 8 raggruppamenti di spesa e per il totale delle spese per il consumo delle famiglie). Le stime sono state effettuate usando le stesse procedure, e il principio della stretta comparabilità dei prodotti, seguite nell’ambito dell’ICP. Le PPA stimate hanno messo in evidenza una differenza territoriale di un certo rilievo nel confronto dei prezzi al consumo tra Nord e Sud.

A questi valori si possono affiancare le stime degli indici spaziali del costo per l’affitto di una abitazione (ISPA) per Regione, utilizzando i micro-dati dell’Indagine campionaria Istat sulla spesa delle di famiglie. Lo abbiamo fatto per l’anno 2016 sulla base della spesa media mensile familiare per gli affitti. Le stime presentano in alcuni casi (per le regioni più piccole) errori standard un po’ elevati, ma forniscono comunque informazioni di massima interessanti. Per confrontare, almeno approssimativamente, questi risultati con quelli delle PPA riferite al 2009, abbiamo aggiornato (“estrapolato”) le PPA per i singoli raggruppamenti di spesa all’anno 2016, usando la variazione – tra il 2009 e il 2016 – degli indici dei prezzi al consumo dei capoluoghi di regione, aggregandole poi per il complesso dei consumi attraverso una media aritmetica ponderata con la quota delle spese imputabile a ciascun raggruppamento.

Le stime riportate nella figura che segue, pur essendo approssimative, mettono in evidenza rilevanti differenze regionali sia nel livello dei prezzi (PPA) e negli affitti delle abitazioni (ISPA), sia tra i valori dei due indici spaziali. Applicarli per avere valori “reali” e regionali di spesa per consumo o di reddito disponibile pro-capite porterebbe a un sostanziale cambiamento (rimescolamento) delle graduatorie tra Regioni. Da notare inoltre che il range dei due indici spaziali è molto differente e varia fra 0,94 a 1,10 per le PPA e fra 0,55 e 1,37 per gli ISPA.

 

Si deve però osservare che i due ISPi presentati sono riferiti ai valori medi e quindi non sono molto adeguati per aggiustare gli indicatori di povertà (ad esempio i valori delle linee di povertà) che sono invece riferiti alla parte sinistra delle distribuzioni dei redditi o della spesa per il consumo. Non solo, come puntualizza Deaton (2006), per comparare correttamente gli indicatori di povertà occorrerebbe stimare ISPi specifici per i poveri, poiché si deve tener conto che i comportamenti di consumo delle famiglie cambiano al variare dei livelli di reddito. Ai vari percentili della distribuzione dei redditi, le famiglie hanno differenti patterns di consumo che variano per qualità dei prodotti, canale distributivo e localizzazione del mercato cui si rivolgono, e, aggiungiamo noi, dei prezzi che pagano.

Al momento attuale, a quanto ci risulta, nessun Paese calcola ISPi sub-nazionali specifici per i poveri. In Italia, come ha messo in evidenzia D’Alessio, le differenze nel livello dei prezzi, pagati dalle famiglie sicuramente povere, possono essere calcolate utilizzando i dati sulla Povertà assoluta pubblicati dall’Istat. Infatti, l’Istat – forse unico esempio – calcola le soglie di povertà assoluta anche per zone territoriali. La metodologia di stima della povertà assoluta messa a punto nel 2005 (Istat, 2009) è basata sulla valutazione monetaria di un paniere di beni e servizi giudicati essenziali (per evitare gravi forme di esclusione sociale) per ciascuna tipologia familiare (ben 38, distinte per numero di componenti, per la loro età, ecc.) il cui consumo, cioè, fornisce lo stesso livello di utilità qualsiasi sia il tipo di famiglia. L’ipotesi è che i bisogni primari, e i beni e servizi che li soddisfano, siano omogenei su tutto il territorio nazionale. La valutazione monetaria di questi panieri (soglia di povertà) dipende dai prezzi pagati dalle famiglie nelle varie zone del paese, per le quali l’Istat effettua le elaborazioni, con riferimento alla dimensione del comune di residenza (area metropolitana, grandi comuni e piccoli comuni) e ripartizione geografica (Nord, Centro e Mezzogiorno). Il rapporto fra soglie di povertà, di ciascuna tipologia di famiglia, riferite a territori diversi, fornisce quindi indici spaziali dei prezzi di tipo economico (indici detti anche “del costo della vita”) in quanto mettono a confronto il costo sostenuto da parte di ciascun tipo di famiglie residente in territori diversi, per ottenere un paniere di beni e servizi che fornisce la medesima utilità. Tali indici sono ottenibili per tutte le tipologie di famiglie e territori per cui sono calcolate le soglie di povertà.

Pur trattandosi di ISPi impliciti – basati su ipotesi un po’ forti e ottenuti da soglie di povertà affette da errori campionari – li abbiamo calcolati per il 2016, con riferimento ai pochi ambiti territoriali disponibili rappresentati dalle tre ripartizioni geografiche e dalle tipologie dei comuni. Nel prospetto che segue le elaborazioni sono sintetizzate tramite il massimo e minimo valore delle differenze percentuali nel livello dei prezzi desumibili dagli indici, ottenute togliendo 1 al valore dell’indice e moltiplicando il risultato per 100:

Una differenza per tutte: nel Nord il paniere costa minimo il 24,2% in più che nel Mezzogiorno. La variabilità territoriale dei prezzi impliciti appare rilevante: minore di quella evidenziata dagli indici dei prezzi delle abitazioni (ISPA), ma più elevata di quella risultante dalle parità (PPA), calcolate a suo tempo dall’Istat per tutte le famiglie, non solo quelle povere. Le differenze massime sono subite, in genere, da famiglie con 1 solo componente con + di 75 anni, mentre quelle minime sono per le famiglie più numerose. Sembra quindi che le famiglie in povertà assoluta che risiedono al Nord e al Centro, si scontrino con un livello generale dei prezzi più alto. La tipologia del Comune di residenza ha un effetto: sembra che le differenze tra Nord/Sud e Centro/Sud si attenuino nei Comuni più piccoli e fuori dalle periferie metropolitane. I dati forse segnalano una maggiore difficoltà di chi vive in aree metropolitane e ha maggiore difficoltà a trovare outlets e/o mercati (all’aperto?) raggiungibili e che pratichino prezzi bassi.

Futuri sviluppi per ottenere adeguati indici spaziali dei prezzi sub-nazionali in Italia

E’ certamente indispensabile pensare alla produzione di un sistema integrato di ISPi per i diversi usi.

L’Istat da tempo ha in progetto la costruzione della PPA per i consumi delle famiglie e ha condotto molti validi e interessanti esperimenti sui metodi da applicare, recentemente anche utilizzando gli scanner data sulle quantità acquistate e la spesa effettuata per ciascun prodotto nella grande distribuzione (Laureti e Rao, 2018). Ora però è giunto il momento di passare alla costruzione e pubblicazione delle PPA, globali e per molti gruppi di prodotti e servizi, almeno per le regioni italiane o meglio per le province, tenendo conto, se possibile, anche dei prezzi riguardanti le zone rurali e non soltanto quelli dei capoluoghi.

Occorre comunque sviluppare anche un progetto che consenta di stimare gli ISPi specifici per i poveri, ai vari livelli di povertà, da collegare con le stime delle soglie di povertà assoluta che richiedono di essere aggiornate e che dovrebbero essere estese ad un dettaglio territoriale maggiore di quello attuale.

Per saperne di più

  • Biggeri L. e Pratesi M. (2017), Monetary poverty indicators at local level: definitions, methods of estimations and comparisons in real term, International Statistical Institute Congress, Morocco, 2017
  • Biggeri L. (2018), The computation of subnational Spatial Price Indexes for the study and monitoring of inequalities at a local level, Workshop on Small Area Methods and living conditions indicators in European poverty studies in the era of data deluge and Big data, Pisa, 8-10 Luglio, ppt
  • Biggeri L., Giusti C., Lemmi A., Marchetti S. e Pratesi M. (2018a), Disuguaglianze territoriali nella distribuzione dei redditi familiari di mercato e disponibili, in Franzini M. e Raitano M. Ed., Il mercato rende diseguali? La diseguaglianza dei redditi in Italia, Il Mulino
  • Bishop J.A., Lee J.M. and L.A. Zeager L.A.(2017), Incorporating spatial price adjustments in U.S. public policy analysis, ECINEQ. Society for the Study of Economic Inequality, WP 438, USA
  • D’Alessio G. (2018), Il divario dei prezzi tra Nord e Sud e le misure di povertà e disuguaglianza, Neodemos, 23 marzo 2018
  • Deaton A. (2006), Purchasing power parity exchange rates for the poor: using household surveys to construct PPPs. Tech. rep., Princeton University
  • Istat (2009), La misura della povertà assoluta, Metodi e Norme, 22 aprile 2009
  • Istat (2010), La differenza nel livello dei prezzi al consumo tra i capoluoghi delle regioni italiane, Anno 2009.
  • Laureti T. e Rao D.S.P. (2018), Measuring Spatial Price level Differences within a Country: Current Status and Future, Estudios de Economia Aplicada, vol. 36-1
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