Popolazione mondiale:

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Anziani (64+ anni)

Le condizioni abitative e il disagio economico delle famiglie con stranieri (*)

In un momento di grande attenzione verso i fenomeni migratori e la presenza straniera in Italia, l’Istituto Nazionale di Statistica ha condotto un’indagine sulle famiglie con almeno un componente straniero residenti nel nostro Paese[1]. Queste famiglie, naturalmente, costituiscono un sottoinsieme della presenza straniera più integrato sia rispetto alla componente irregolare[2] sia rispetto ai soggiornanti regolari che però non vogliono o non possono accedere all’iscrizione anagrafica. Analizzare le caratteristiche di questa popolazione aiuta a capire i percorsi di integrazione e le modalità con cui si sta disegnando la società multietnica di domani. L’analisi poggia su indicatori riferiti all’anno 2009.

 

Le dimensioni del fenomeno

Alla fine del 2009, i cittadini stranieri residenti in Italia erano 4 milioni e 235 mila, pari a circa il 7% della popolazione totale, mentre le famiglie in cui era presente almeno uno straniero erano 2 milioni e 74 mila[3].

L’indagine sulle condizioni di vita degli stranieri rivela che il 22,6% delle famiglie con stranieri è rappresentato da famiglie miste, che comprendono cioè anche cittadini italiani: l’indicatore primario del grado di integrazione con la comunità locale. Non sorprendentemente, in media, le condizioni di vita delle famiglie miste sono intermedie: migliori rispetto a quelle delle famiglie di soli stranieri, ma peggiori rispetto a quelle delle famiglie italiane in toto. Tra le comunità[4] più presenti in Italia, la diffusione delle famiglie miste è maggiore in quelle polacca (33,0%), tunisina (22,4%), ucraina (22,3%), moldava (19,1%) e peruviana (18,3%) e minore in quelle asiatiche (6,9% l’indiana, 8,8% la cinese e 8,9% la filippina), ma anche in quella macedone (11,8%) e marocchina (13,2%).

Come è noto (v. ad esempio “Famiglie straniere crescono”, di Corrado Bonifazi & Francesca Rinesi, Neodemos, 06/10/2010), le famiglie con stranieri non si distribuiscono in maniera uniforme sul territorio, ma tendono a concentrarsi laddove sono presenti maggiori opportunità occupazionali: nel Nord-ovest (32,9%), al Centro (27,3%) e nel Nord-est (24,3%); e nelle aree metropolitane[5] (31,5%).

L’ampiezza della famiglia, in media non dissimile da quella delle famiglie italiane (2,44 componenti contro 2,38), appare però più polarizzata, con più persone sole (35,5% contro 30,9%) ma anche più famiglie numerose (5+ componenti: 9,1%, contro 4,7%).

Sono famiglie di composizione più giovane rispetto alle famiglie di soli italiani: più bassa l’età media (30 anni contro 43 anni); più frequente la presenza di almeno un minore (36,3% contro 26,1%); molto più limitata la presenza di anziani (5,3% contro 38,6%).

 

Le condizioni abitative

Le famiglie con stranieri, più spesso di quelle italiane, vivono in affitto (58,7% contro 16,0%) e si trovano in condizioni di grave deprivazione abitativa[6] (13,3% contro 4,7%; tav. 1). Le famiglie miste si posizionano su un livello intermedio (7,8%). Su questo indicatore sintetico incide soprattutto il sovraffollamento (41,1% contro 14,6%) che riguarda, in particolare, coloro che alloggiano in abitazioni messe a disposizione dal datore di lavoro, e le famiglie con persona di riferimento filippina (54,5%), ecuadoriana (47,7%), peruviana (47,3%) e ucraina (44,3%). La dimensione del problema appare però meno marcata se si considera la valutazione soggettiva dichiarata dagli stranieri stessi, le cui aspettative sono più basse rispetto alle famiglie italiane, presumibilmente a causa di situazioni ancor più disagiate conosciute nei luoghi d’origine. Le famiglie di stranieri che dichiarano di avere uno spazio insufficiente nell’abitazione in cui vivono sono il 19,9%, contro il 9,0% delle famiglie italiane, percentuali che sono rispettivamente meno della metà e quasi i due terzi di quelle che si trovano oggettivamente in condizioni di sovraffollamento.

Le aspettative sembrano giocare un ruolo importante anche quando si considerano i problemi relativi alla zona di residenza (inquinamento, rumori, criminalità), avvertiti in misura inferiore dalle famiglie con stranieri rispetto a quelle italiane, nonostante la più bassa qualità degli alloggi possa suggerire una loro collocazione in zone di maggior degrado.

 

Tav. 1 – Indicatori di deprivazione materiale per cittadinanza della p.r. della famiglia – Anno 2009

(per 100 famiglie con la stessa cittadinanza) 

 

  Grave deprivazione abitativa Deprivazione materiale Grave deprivazione materiale
FAMIGLIE CON ALMENO UNO STRANIERO 13,3   34,5   17,9  
Romania 13,5   29,4   13,9  
Albania 14,9   37,0   18,8  
Marocco 27,1   54,9   33,4  
Cina 10,3 (a) 43,1   20,0 (a)
Ucraina 8,4 (a) 27,3   13,8  
Filippine 16,6 (a) 36,6   16,7 (a)
Tunisia 15,6 (a) 50,9   27,6  
Polonia 7,4 (a) 29,1   18,4 (a)
India   49,7   26,2 (a)
Moldova   23,8 (a) 17,5 (a)
Macedonia   35,1 (a)  
Ecuador   34,6 (a)  
Perù   34,4 (a)  
FAMIGLIE DI SOLI STRANIERI 14,9   37,3   19,9  
FAMIGLIE MISTE 7,8   24,9   11,1  
FAMIGLIE DI SOLI ITALIANI 4,7   13,9   6,0  

 

(a)    Dato statisticamente poco significativo perché il numero dei casi rilevati nel campione è compreso tra 20 e 49 unità.

 

Fonte: Istat, Le famiglie con stranieri: indicatori di disagio economico – Anno 2009, Statistiche in breve, 28 febbraio 2011

 

 

Il disagio economico

Le condizioni di deprivazione materiale[7] riguardano circa un terzo delle famiglie con stranieri (il 34,5%), contro il 13,9% delle famiglie composte solamente da italiani. Il divario è più rilevante nelle regioni del Nord e del Centro rispetto alle regioni del Mezzogiorno. Inoltre, tra le famiglie con stranieri l’intensità della deprivazione risulta più marcata: il 53,4% delle famiglie deprivate lo è in maniera grave[8] contro il 43,2% delle famiglie italiane.

Rispetto alle famiglie italiane, è più diffusa la difficoltà di fare fronte alle spese quotidiane necessarie: il 13% (contro il 6,2%) non può permettersi un pasto proteico, che includa carne, pollo, pesce o un equivalente vegetariano, almeno ogni due giorni, così come sono circa doppie le percentuali di famiglie che non hanno potuto riscaldare adeguatamente l’abitazione, acquistare vestiario, affrontare le spese scolastiche o le spese per i trasporti.

Sono anche più diffuse la difficoltà di rispettare, per mancanza di denaro, le scadenze per il pagamento delle utenze domestiche, del canone di affitto o delle rate del mutuo e di altri debiti e l’incapacità di fare fronte a una spesa imprevista di 750 euro. Tra quelle che vivono in affitto, oltre una famiglia su quattro ha dichiarato di essere stata in arretrato con il pagamento del canone (contro il 10,5% di quelle italiane).

Le famiglie degli stranieri dispongono di beni durevoli[9] in misura più limitata rispetto alle famiglie composte solamente da italiani. Per alcuni beni, tuttavia, il divario appare molto ridotto; il telefono, il frigorifero e la televisione sono disponibili per la quasi totalità delle famiglie, siano esse straniere o italiane. Una quota rilevante delle famiglie con stranieri, inoltre, dispone di questi beni solamente in condivisione con altri nuclei familiari, confermando la precarietà delle condizioni abitative, legate alla famiglia del datore di lavoro o alla coabitazione, finalizzata a una condivisione delle spese. Tra tutti i beni considerati, l’unico ad avere una maggiore diffusione tra le famiglie con stranieri rispetto a quelle di soli italiani è, non sorprendentemente, l’antenna parabolica satellitare, diffusa in particolare nelle comunità marocchina (62%), tunisina (61,2%) e indiana (54,4%).

A fronte dei più bassi livelli nelle condizioni materiali di vita rispetto alle famiglie di soli italiani, le famiglie di stranieri trovano un appoggio su una rete di solidarietà relativamente ampia: il 24,7% dichiara di aver ricevuto aiuti economici almeno una volta nel corso degli ultimi 12 mesi, a fronte di momenti di particolare difficoltà. La provenienza di tali aiuti, a differenza delle famiglie italiane, dove prevalgono le relazioni familiari (genitori o suoceri, figli, altri parenti), è soprattutto dalla rete amicale (per il 41,5%). Non è irrilevante, inoltre, la provenienza degli aiuti dal settore del volontariato (17,6%).

 

Alcune osservazioni finali

Dai pochi dati di sintesi riportati si può dedurre che l’integrazione degli immigrati in Italia si muove su due binari contrapposti. Tra le famiglie di residenti la collocazione sociale e lo standard di vita si posizionano ai livelli più bassi della stratificazione sociale. Vi sono però alcuni elementi positivi verso l’integrazione che possono essere rintracciati nella quota di famiglie miste, nelle quali si manifesta l’accettazione reciproca e l’omologazione di stili di vita differenti, ma anche una minore distanza nelle condizioni materiali di vita rispetto alle famiglie di soli italiani. Nello stesso tempo, a fronte di risorse finanziarie scarse e a condizioni abitative di livello scadente, resta vivo il legame con i propri gruppi nazionali che si traduce in forme di condivisione dei beni, sostegno economico nei momenti di difficoltà e volontà di mantenere i legami culturali con il proprio paese attraverso i mezzi tecnologici.

 

 

(*) Le opinioni qui espresse sono quelle degli autori e non riflettono necessariamente quelle dell’Istituto di appartenenza.

 

 


[2] Sono considerati irregolari i cittadini stranieri che si trovano nel Paese senza documentazione che ne riconosca legalmente il diritto a soggiornarvi. Si tratta quindi di persone senza visto di ingresso o senza permesso di soggiorno (in corso di validità).

[3]Le informazioni di fonte demografica si trovano all’indirizzo http://demo.istat.it

[4] La nazionalità di appartenenza della famiglia viene fatta coincidere con la cittadinanza della persona di riferimento della famiglia stessa, corrispondente generalmente all’intestatario della scheda di famiglia anagrafica. Nelle famiglie con stranieri in cui l’intestatario è di cittadinanza italiana, viene considerato come persona di riferimento della famiglia il componente straniero più anziano.

[5] Le aree metropolitane sono formate dai comuni di Roma, Milano, Napoli, Torino, Genova, Palermo, Firenze, Bologna, Bari, Catania, Venezia, Cagliari e dai comuni che fanno parte della loro cintura urbana.

[6] Quota di famiglie che vivono in condizioni oggettive di sovraffollamento (ovvero il numero di stanze disponibili è insufficiente rispetto all’ampiezza e alla composizione della famiglia) e che, congiuntamente, lamentano almeno uno tra i seguenti problemi riguardanti l’abitazione: assenza di bagno interno; assenza di vasca da bagno o doccia; tetti, soffitti, finestre o pavimenti danneggiati; presenza di umidità nei muri, nei pavimenti, nei soffitti o nelle fondamenta; scarsa luminosità.

[7] L’indicatore sintetico di deprivazione materiale, in accordo con le definizioni di Eurostat, è rappresentato dalla quota di famiglie che presentano almeno tre deprivazioni tra le seguenti: 1) non riuscire a sostenere spese impreviste di 750 euro; 2) non potersi permettere una settimana di vacanza l’anno lontano da casa; 3) trovarsi in arretrato sui pagamenti (utenze domestiche, affitto, mutuo o debiti diversi dal mutuo); 4) non potersi permettere un pasto adeguato (carne, pollo, pesce o equivalente vegetariano) almeno ogni due giorni; 5) non potersi permettere di riscaldare adeguatamente l’abitazione; non potersi permettere: 6) lavatrice, 7) tv a colori, 8) telefono, 9) automobile.

[8] La grave deprivazione materiale è definita come presenza congiunta di almeno quattro deprivazioni sulle nove descritte in precedenza.

[9] Lavatrice, televisore a colori, telefono (incluso il cellulare), automobile, lavastoviglie, frigorifero, videoregistratore o lettore DVD, videocamera, antenna parabolica satellitare, accesso a Internet, mobili in buono stato.

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