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“La grande recessione e la distribuzione dei redditi familiari” (*)

La Grande Recessione seguita alla crisi finanziaria del 2007-08 è stata la prima grande contrazione economica su scala globale dalla seconda guerra mondiale. Come ha influenzato la distribuzione dei redditi familiari? Ha aumentato gli indici di disuguaglianza e povertà?
       In genere, nelle fasi di forte contrazione dell’attività produttiva, la caduta dei redditi percepiti dagli individui provoca un aumento dei tassi di povertà se questi sono misurati rispetto a uno standard assoluto, aggiornato nel tempo solo per la variazione dei prezzi, mentre le ripercussioni sulla povertà relativa e sulla disuguaglianza sono ambigue, perché dipendono da come gli effetti della recessione si ripartiscono lungo la distribuzione dei redditi. Non solo la disoccupazione sale e i redditi da lavoro cadono, ma anche i redditi da capitale possono contrarsi, per il mancato pagamento dei dividendi o per la diminuzione dei tassi di interesse. Sulle condizioni di vita incidono, inoltre, gli interventi redistributivi pubblici attuati attraverso le imposte e i trasferimenti così come la ricomposizione delle entrate che avviene all’interno delle famiglie per la presenza di più fonti di reddito o di più percettori.
      Sul piano aggregato, tra il 2007 e il 2009 il reddito disponibile lordo reale delle famiglie è cresciuto nella gran parte dei paesi avanzati, nonostante la generalizzata contrazione del PIL (Figura 1). Il contrasto più significativo si osserva in Irlanda, uno dei paesi più colpiti dalla Grande Recessione, dove il PIL è diminuito dell’11% e i redditi delle famiglie sono aumentati di quasi il 4%. Solo in Danimarca, in Grecia e, soprattutto, in Italia, tra i sedici paesi per cui si hanno i dati, il reddito delle famiglie è calato. In Italia il sostegno alla crescita del reddito dei maggiori trasferimenti sociali e delle minori imposte è stato relativamente contenuto; in Finlandia, Irlanda, Regno Unito, Spagna, Svezia e Stati Uniti è stato invece tale da volgere in positivo una dinamica dei redditi delle famiglie che sarebbe altrimenti stata fortemente negativa.
       È più difficile valutare gli effetti distributivi, perché le informazioni sono ancora limitate. In Italia, la distribuzione complessiva dei redditi imponibili dichiarata dai contribuenti a fini fiscali non è cambiata tra il 2007 e il 2009, come già nei cinque anni precedenti; i redditi lordi dei lavoratori autonomi sono calati repentinamente dopo la sostenuta crescita del quinquennio precedente, mentre i redditi dei pensionati e quelli dei lavoratori dipendenti hanno continuato lungo i rispettivi trend pre-crisi, positivo per i primi, negativo per i secondi. Sia la diffusione della povertà assoluta, calcolata dall’Istat sulla spesa per consumi, sia l’indicatore di deprivazione materiale dell’Eurostat sono peggiorati leggermente tra il 2007 e il 2009 (Figura 2). Si stima che il calo del reddito familiare si sia concentrato nei nuclei ove il capofamiglia ha meno di 40 anni e soprattutto tra i 40 e i 64 anni, mentre il reddito sarebbe aumentato nei nuclei con capofamiglia di 65 e più anni. Sarebbero saliti gli indici di disuguaglianza e la quota di individui poveri, soprattutto prendendo una soglia costante nel tempo in termini di potere d’acquisto; la condizione di povertà economica si sarebbe aggravata soprattutto per le famiglie con figli. I trasferimenti sociali non sono quindi riusciti a compensare gli effetti distributivi della recessione, anche se il peggioramento appare tutto sommato modesto se raffrontato alla dimensione dello shock macroeconomico.
       Gli andamenti non sono stati gli stessi in altri paesi per cui si dispone dei dati (Figura 3): la distribuzione dei redditi è cambiata marginalmente in Germania e negli Stati Uniti; la disuguaglianza è rimasta pressoché inalterata anche nel Regno Unito e in Svezia, ma la povertà relativa è scesa nel primo ed è aumentata in maniera marcata nella seconda; in Irlanda la forte caduta del PIL è coincisa con una netta diminuzione degli indici di disuguaglianza e di povertà relativa, anche se la povertà assoluta è cresciuta.
       In breve, nei paesi considerati l’impatto di breve periodo della Grande Recessione sui redditi familiari medi, sulla disuguaglianza della loro distribuzione e sui tassi di povertà relativi è stato diverso, ma complessivamente contenuto, tenuto conto della caduta dell’attività produttiva. Rispetto alla Grande Depressione degli anni Trenta, ciò è derivato da una caduta del reddito minore, ma soprattutto dai mutamenti che da allora sono avvenuti nel funzionamento dei mercati, nella gestione della politica economica, nello sviluppo della rete di protezione sociale. Anche grazie alla drammatica esperienza degli anni Trenta, si è imparato come affrontare le conseguenze sociali di una grave contrazione economica. La prospettiva di più lungo periodo è tuttavia meno chiara: dipende da se e quando le economie avanzate torneranno su un sentiero di crescita stabile, dal modo in cui verranno superati i difficili problemi di finanza pubblica lasciati in eredità dalla Grande Recessione, dalle scelte di politica economica e di riforma dello stato sociale che i governi prenderanno negli anni a venire. 

[1] Questo articolo si basa sul rapporto “The Great Recession and the Distribution of Household Income”, preparato per la XIII Conferenza europea “Incomes Across the Great Recession” della Fondazione Rodolfo Debenedetti (Palermo, 10 settembre 2011). Il rapporto è disponibile, in forma integrale, all’indirizzo: http://www.frdb.org/upload/file/report_1_palermo.pdf. Le opinioni qui espresse sono esclusiva responsabilità degli autori e non impegnano né le istituzioni in cui lavorano, né la Fondazione Rodolfo Debenedetti.
(*) Articolo presente anche su www.lavoce.info
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