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Irregolari, sanatorie e rimpatri: qualche numero di sfondo

L’immigrazione è uno dei temi maggiormente al centro del dibattito politico attuale. Alessio Buonomo e Angela Paparusso hanno focalizzato la loro attenzione su tre aspetti: presenze irregolari, regolarizzazioni e rimpatri. Attraverso le sanatorie e i decreti flussi, l’Italia ha gradualmente riassorbito il fenomeno della irregolarità che riguardava un immigrato su due all’inizio del millennio ed ppena 1 su 11 nel 2017.

È fuori di dubbio che l’immigrazione, nei suoi diversi aspetti, è uno dei temi al centro dell’attenzione del nuovo esecutivo. In particolare, presenze irregolari e rimpatri hanno trovato ampio spazio anche nel contratto di governo.

Sugli irregolari, le stime disponibili più affidabili sono quelle della Fondazione Iniziative e Studi sulla Multietnicità (ISMU), riportate nella Figura 1. Secondo tali dati, il valore è passato dalle 750 mila unità del 2002 alle 491 mila del 2017. A partire dal 2011 si è avuta un’importante riduzione, per poi riguadagnare numerosità dopo il 2013, per effetto della crescita degli sbarchi.

Nello stesso periodo la popolazione straniera regolarmente residente in Italia è notevolmente aumentata, passando da meno di un milione e mezzo nel 2002, a più di tre milioni e mezzo nel 2010 e a poco più di cinque milioni nel 2017, quindi dal 2,4% della popolazione totale residente in Italia nel 2002, al 6,2% nel 2010, per arrivare all’8,3% nel 2017.

Diminuisce la quota degli immigrati irregolari

La quota di stranieri irregolari, calcolata rispetto al totale degli stranieri regolarmente residenti, è quindi diminuita notevolmente nel corso degli anni, soprattutto in corrispondenza dei provvedimenti di regolarizzazione che sono stati emanati dai governi italiani succedutisi negli ultimi venti anni. Tale percentuale è passata, infatti, dal rappresentare più della metà (55,9%) del totale della popolazione straniera residente nel 2002, al 6,7% nel 2010 e al 9,7% nel 2017, come si può osservare nella Figura 2. Possiamo dire, quindi, che fino al 2013 il peso relativo della popolazione straniera irregolarmente presente in Italia è diminuito e che dopo tale data si è osservata una ripresa dovuta all’aumento degli arrivi. Il risultato è che attualmente circa uno straniero su 11 è in condizione di irregolarità.

Sanatorie e regolarizzazioni

Se inizialmente sono servite a regolare in maniera temporanea ed emergenziale un fenomeno nuovo, le regolarizzazioni hanno finito per diventare – insieme ai decreti flusso per l’ingresso di nuovi lavoratori stranieri – il tratto distintivo della politica migratoria italiana, e più in generale del modello di immigrazione sud-europeo, indipendentemente dall’indirizzo politico dei governi che si sono susseguiti nel tempo (Tabella 1). A partire dagli anni Ottanta, cioè quando l’Italia ha iniziato a divenire anche un paese di immigrazione, sono state adottate otto regolarizzazioni, che insieme ad altri provvedimenti, hanno regolarizzato la posizione di oltre 2,8 milioni di stranieri, come illustrato nella Tabella 1.

Con 647 mila immigrati regolarizzati, la sanatoria che ha accompagnato la legge Bossi-Fini (legge 189/2002) è stata la sanatoria più ampia mai realizzata in Europa (eguagliata poco dopo da quella spagnola del 2005). Dopo questo provvedimento, vanno segnalati i due decreti flussi, il primo emanato nel 2006 dal III Governo Berlusconi (per l’ingresso di 170 mila lavoratori stranieri) e il secondo dal II Governo Prodi (per assorbire le eccedenti 350 mila domande), che hanno dimostrato non tanto l’esistenza di una forte offerta di lavoratori dall’estero, quanto piuttosto quella di una diffusa irregolarità nel paese, e l’allargamento a est dell’Unione europea avvenuto nel 2007, che ha permesso di convertire lo stato di irregolarità di romeni e bulgari in quello di cittadini comunitari (in circa 440 mila, per lo più romeni, nel biennio 2007-2008 si sono iscrizioni nelle anagrafi italiane per trasferimento della residenza dall’estero).

Una storia che non è finita neanche con la crisi economica: il settore del lavoro domestico ha infatti continuato a crescere e a domandare forza-lavoro straniera, il Pacchetto Sicurezza (legge n. 94/2009), approvato dal IV Governo Berlusconi, ha così introdotto una nuova sanatoria, che ha regolarizzato circa 300 mila immigrati. Infine, il decreto legislativo n. 109/2012, approvato durante il governo Monti, ha introdotto una regolarizzazione per lavoratori stranieri irregolari provenienti da paesi non appartenenti all’Unione europea, ai lavoratori stranieri full-time e a quelli impiegati nel settore domestico, che fino a quel momento avevano lavorato almeno venti ore a settimana. Questa condizione riguardava circa 99 mila immigrati, che sono stati così regolarizzati.

Le espulsioni: complesse e costose

Per quanto riguarda le espulsioni, il trend, ricostruito attraverso i dati disponibili (Figura 3)¹, appare crescente, ma tuttavia contenuto fino al 1998 (Legge Turco-Napolitano); in rapido aumento a partire dal 1999 e con un picco nel 2002 (Legge Bossi-Fini); in discesa a partire dal 2007, e soprattutto fra il 2013-2015; infine, in lieve risalita nel 2016 (Decreto Minniti).

Sebbene appaia molto chiaro che, soprattutto a partire dal 2002, le espulsioni di stranieri irregolari in Italia siano piuttosto contenute, limitarci a contarle non ci dà un’idea della scala. Per questo è importante osservare i dati come percentuale degli stranieri irregolari che vivono in Italia, come abbiamo fatto per gli anni 2002-2016 (Figura 4).

A eccezione del 2004, quando il numero di stranieri irregolari è passato da 750 mila nel 2002 a 250 mila per effetto della regolarizzazione prevista dalla Legge Bossi-Fini, e quindi la percentuale di immigrati espulsi è stata pari al 14,2% degli stranieri irregolari, complessivamente la percentuale di immigrati irregolari espulsi dal territorio italiano è relativamente contenuta, con valori sempre inferiori al 6% e negli ultimi anni decrescente (nel 2016 sono meno del 2%).

I dati sui costi delle espulsioni potrebbero rappresentare la chiave per interpretare tale evoluzione temporale. Per ogni espulsione si stimano, infatti, 4-6 mila euro (Fondazione Leone Moressa); a tale spesa va aggiunta la necessità di accordi con i Paesi di origine, i quali generalmente chiedono in cambio risorse per cooperazione e sviluppo. L’Italia ha diversi accordi siglati con Tunisia, Egitto, Nigeria, Sudan e Gambia, ma anche con Albania, Bosnia-Erzegovina, Macedonia, Montenegro, Serbia, Ucraina, Russia, Moldova, Hong Kong, Macao, Sri Lanka, Pakistan, Turchia e Mali. Ne occorrerebbero altri, ad esempio con molti dei Paesi africani di origine degli stranieri irregolari.

È compito del nuovo esecutivo adottare le misure che ritiene più efficaci, anche alla luce dei dati presentati in questo articolo. Naturalmente è auspicabile che la politica migratoria italiana si articoli in una serie di strumenti capaci di garantire la gestione di un fenomeno dai molti aspetti, che richiede una strategia integrata di programmazione e di controllo.

Fonti di dati:

Einaudi L. (2007), Le politiche dell’immigrazione in Italia dall’Unità ad oggi, Roma-Bari, Editori Laterza.

IDOS, Dossier Statistico Immigrazione (vari anni)

ISMU (2017)

ISTAT (2017)

Note

¹ I dati per gli anni 1984-1997 sono di Einaudi (2007), mentre per gli anni 1998-2016 (ultimo dato disponibile) sono del Dossier Statistico Immigrazione (vari anni).

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