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I tre Paperoni e la riforma dell’immigrazione

Neodemos si è più volte occupata della riforma –  o, meglio, della mancata riforma – del sistema migratorio degli Stati Uniti; un sistema definito dallo stesso Barack come “broken”, cioè “spezzato” e quindi inservibile per raggiungere gli obbiettivi di sviluppo, integrazione e coesione che il governo delle migrazioni dovrebbe perseguire. Poco più di un anno fa – il 26 Giugno del 2013 – il Senato aveva approvato finalmente, con voto bipartisan, la legge denominata “Border Security, Economic Opportunity and Immigration Modernization Act” che, tra le molte disposizioni su un ampio fronte, disegnava un cammino verso la regolarizzazione dei quasi 12 milioni di irregolari che vivono e lavorano nel Paese1.

Ma col passaggio alla Camera dei Rappresentanti, il cammino è apparso subito in salita2; l’appoggio dei Repubblicani si è vanificato,  timorosi che la ripresa della componente di estrema destra e del Tea Party, profondamente ostili alla riforma, tolgano voti ai moderati nelle elezioni di medio termine d’Autunno. Il 30 Giugno, Obama ha gettato la spugna  prendendo atto che nel 2014 la Camera non sarà in grado di discutere (e ancor meno di approvare) la riforma, e annunciando che si avvarrà dei considerevoli poteri che la Costituzione gli assegna (executive power).

L’11 Luglio, il New York Times ha pubblicato nella sua pagine di editoriali aperti ai commentatori esterni al giornale, un articolo, che riportiamo di spalla integralmente, nel testo inglese. Gli Autori – che abbiamo irrispettosamente chiamato “I tre Paperoni” – sono tra gli uomini più ricchi del mondo: Bill Gates, Warren Buffet, e Sheldon Aldenson. Bill Gates, ha cominciato a cedere il timone della Microsoft  ad un’età alla quale i rampolli delle dinastie imprenditoriali italiane sono ancora  “giovani industriali”, ed ha impegnato le sue colossali fortune nella Fondazione intestata a sua moglie Melissa e suo proprio, che è la maggiore donatrice mondiale nella lotta all’Aids, alla malaria ed altre malattie sterminatrici nei paesi poveri. Anche Warren Buffett ha impegnato le sue immense fortune di finanziere di grandissimo successo (“il mago di Omaha”) in opere filantropiche, in gran parte attraverso la stessa fondazione Gates. Un paio di anni fa scrisse un editoriale sul New York Times denunciando i paradossi del sistema fiscale Americano: nel 2011 Buffett aveva pagato tasse pari al 17,8% del suo reddito imponibile, contro il 36% mediamente pagato dalle 20 persone che lavoravano nella sua segreteria. Gates e Buffett sono nella tradizione filantropica americana, che impone di restituire risorse alla società che ha permesso loro di diventare ricchi e potenti. Meno noto è Sheldon Adelson, le cui fortune derivano da una meno nobile attività di imprenditore di case da gioco e della catena alberghiera con esse collegata (Il Palazzo, e il Venetian, a Las Vegas sono tra i più famosi), in America e in Asia.

L’articolo dei tre Paperoni esprime profonda riprovazione per l’inettitudine del Congresso e la necessità assoluta di trovare un rapido accordo  “it’s time for the House to draft and pass a bill that reflects both our country’s humanity and its self-interest” e, ancora, “it’s time for 535 of America’s citizens [cioè i membri del Congresso] to remember what they owe to the 318 million who employ them”.  Anche l’Italia – lo abbiamo sostenuto più volte – ha urgente necessità di una profonda revisione della propria politica migratoria. Ci auguriamo che le vacanze estive – che Neodemos oggi inaugura – portino consiglio, e permettano anche, a qualche nostro lettore, di trasformarsi in Paperone nostrano, animato da spirito filantropico e di interesse per la difficile questione migratoria.

 

1 – Steve S. Morgan, La riforma dell’immigrazione negli Stati Uniti: è giunta l’ora?, Neodemos, 19 Giugno 2013

2 – Steve Morgan, Riforma dell’immigrazione: Obama nel pantano, Neodemos, 19 Febbraio 2014

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