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Catalogna mon amour

La Catalogna entra spesso nel dibattito politico italiano come esempio di regione che, grazie all’ampia autonomia politico-amministrativa, riesce ad affrontare nel modo migliore le sfide della modernità. La Catalogna è anche un buon esempio di come nei periodi di forte crescita economica le migrazioni siano una risorsa indispensabile per garantire lo sviluppo di regioni storicamente a bassa fecondità. Accentuato dinamismo della società locale e debole ricambio demografico sono due elementi che accomunano la Catalogna a buona parte del nostro Centro-Nord.
 
Un po’ di storia
E non è un caso che durante il Medio Evo i mercanti catalani rivaleggiarono a lungo con quelli genovesi e veneziani per il controllo delle rotte commerciali del Mediterraneo, come non è un caso che anche nella regione spagnola i primi nuclei di industria tessile iniziarono a svilupparsi già alla fine del tredicesimo secolo. Con l’unione dei Regni di Aragona e Castiglia (1479) per la Catalogna iniziò un lungo periodo di declino economico, cui molto contribuì (come per l’Italia) la scoperta dell’America che spostò il centro del commercio mondiale dal Mediterraneo all’Atlantico. Un nuovo periodo di crescita economica si avviò nel 18° secolo, quando nella regione e nei paesi baschi si svilupparono i principali insediamenti industriali della Spagna. Un ruolo che si accrebbe ulteriormente nel corso dell’Ottocento e nella prima parte del Novecento.
 
Una crescita demografia fatta di alti e bassi
La Catalogna è stata una delle prime regioni europee a seguire la Francia nel processo di transizione demografica. L’abbassamento della fecondità si avviò, infatti, attorno alla metà dell’Ottocento e riguardò non solo l’area urbana di Barcellona ma anche le aree rurali. A contrastare una dinamica demografica che avrebbe potuto determinare nel lungo periodo un calo o un ristagno della popolazione hanno contribuito intensi flussi migratori. Basti pensare che, nonostante l’elevata emigrazione verso le Americhe, anche nella seconda metà dell’Ottocento la Catalogna presenta, con la sola eccezione del decennio 1880-1890, un saldo migratorio positivo grazie all’immigrazione dall’Aragona, dalla regione valenziana e dalle Baleari.  
Nel complesso, comunque, la seconda metà dell’ottocento vede un forte rallentamento della crescita demografica rispetto ai ritmi molto elevati registrati nella prima parte del secolo (Fig. 1). Secondo le stime disponibili, il tasso medio annuo di crescita della popolazione scende, infatti, dal 10,6 per mille del periodo 1797-1860 al 3,6 per mille tra 1860 e 1887 e al 5,4 per mille tra 1887 e 1910. Un rallentamento che riflette il rapido abbassamento della fecondità, una mortalità ancora elevata e un apporto migratorio contenuto.
Di forte crescita demografica sono, invece, gli anni che vanno dalla fine della prima guerra mondiale alla crisi economica del 1929. Sono anni in cui la fecondità si avvicina al livello di sostituzione, scendendo dai 2,6 figli per donna del 1922 ai 2,2 del 1930[1], si abbassa la mortalità e, soprattutto, si intensificano le migrazioni interne con un allargamento dell’area di attrazione alla Murcia e alla regione di Almerìa. Di stagnazione demografica sono gli anni successivi. La crisi economica, la guerra civile e i primi anni del franchismo colpiscono duramente la Catalogna. Tra 1936 e il 1940 si ha persino una contenuta diminuzione della popolazione.
La situazione cambia radicalmente tra il 1950 e il 1975: il numero di abitanti della regione passa, infatti, da 3,2 a 5,6 milioni, una crescita di quasi il 75% in appena 25 anni pari a un tasso medio annuo del 22,6 per mille. A determinare un aumento così intenso contribuiscono sia il movimento migratorio che quello naturale. Le migrazioni interne assumono in questo periodo una dimensione straordinaria, il saldo migratorio è complessivamente di circa 1,4 milioni di unità, con flussi provenienti soprattutto dall’Andalucia e dall’Estremadura. Intenso è anche il ritmo di accrescimento naturale della popolazione, con un apporto di circa un milione di unità nel periodo, per effetto di una ripresa della fecondità e di un abbassamento della mortalità. La prima, dopo esser scesa al di sotto del livello di sostituzione già nel 1935 ed essere arrivata a 1,7 figli per donna nel 1950, registra negli anni successivi un forte aumento, che porta l’indicatore congiunturale di fecondità sino ai 2,7 figli per donna del 1975. Altrettanto intense le variazioni nei livelli di mortalità: la speranza di vita per i due sessi sale, infatti, di quasi nove anni tra il 1950 e il 1975, passando da 65,4 a 74,2 anni.     
 
Dalla stasi demografica al boom dell’immigrazione e alla crisi economica
Agli anni del boom demografico segue un periodo di stasi. La popolazione della Catalogna, arrivata a quasi 6 milioni di abitanti nel 1981, nel 2000 è cresciuta solamente di altre 300 mila unità. Il saldo migratorio interno, a partire dal 1980, cambia di segno o registra apporti positivi di modesta entità, la fecondità scende nuovamente al di sotto del livello di sostituzione e si ha così un cambiamento radicale nel quadro demografico della regione per almeno vent’anni. E’ con il decennio appena concluso che la Catalogna torna a conoscere un periodo di forte crescita, questa volta per effetto dell’intensa migrazione dall’estero e per una leggera ripresa della fecondità. La popolazione in appena nove anni aumenta di più di un milione, arrivando nel 2009 quasi a 7,4 milioni, con una crescita media annua del 18,2 per mille. La crisi economica mondiale, particolarmente acuta in Spagna, segna una battuta d’arresto a questo processo di crescita della popolazione. Negli ultimi due anni il tasso di variazione della popolazione scende al 5,4 per mille e il contributo delle migrazioni all’aumento della popolazione passa dalle quasi 124 mila unità del 2007 alle 91 mila del 2008 e alle 11 mila del 2009.
 
In Spagna e in Italia
Le similitudini nell’andamento di lungo periodo della popolazione catalana con quello di molte regioni italiane sono evidenti, come è evidente che la crisi economica ha avviato un cambio di tendenza la cui durata è difficile da prevedere. La storia demografica della Catalogna evidenzia, però, anche il ruolo di fondo che le migrazioni svolgono nel sostenere lo sviluppo di lungo periodo di quelle realtà regionali che hanno storicamente rappresentato le punte avanzate della civiltà e della società europea. Un elemento che non sarebbe male tenere nel debito conto quando nel nostro dibattito politico prendiamo la Catalogna ad esempio.     
 


[1] Negli stessi anni, il tasso di fecondità totale  per la Spagna era pari a 4,1 e 3,6 figli per donna.


 
Per saperne di più
D. Reher e R. Rowland (1999), “Le monde ibérique”, in Histoire des populations de l’Europe. Vol. II La revolution démographique 1750-1914, Ligugé, Fayard.
C. Bonifazi e M. Crisci, DEMIFER Case Studies:Catalonia (Spain), Report for DEMIFER Project, 2010 (http://www.espon.eu/main/Menu_Projects/Menu_AppliedResearch/demifer.html).
Si vedano anche i numerosi lavori pubblicati dal Centre d’Estudis Demogràfics dell’Universitat Autònoma de Barcellona sullo sviluppo demografico della Catalogna (http://www.ced.uab.es) e i dati dell’Institut d’Estadistica de Catalunya (http://www.idescat.cat/).

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