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Pochi bambini in Italia nel 2013? Tutto come previsto

Qualche giorno fa l’Istat ha pubblicato un report sulla natalità in Italia nel 2013 (Istat, 27 novembre 2014). Sono nati 514.308 bambini. Le nascite (cioè il numero di bambini nati in un anno) è in costante diminuzione dal 2008 e il tasso di fecondità totale (cioè il numero medio di figli per donna) è di 1,39, in lieve calo. L’analisi più approfondita di chi fa figli (coppie italiane, miste e straniere; sposate o non) e dove (nelle varie regioni), arricchisce il quadro, e ci racconta la storia di una fecondità ormai assestata su livelli bassissimi (sotto un figlio e mezzo in media dai primi anni ’80), ma all’interno di un sistema di “fare famiglia” in grande mutamento.

I fatti: meno nascite sia da genitori italiani che stranieri, meno da genitori coniugati ma più da genitori non coniugati
Il numero totale dei nati è calato di quasi 20 mila casi rispetto all’anno precedente, confermando una progressiva riduzione della natalità (oltre 62 mila nascite in meno a partire dal 2008). Questo calo è generalizzato, nel senso che sono nati meno bambini rispetto all’anno precedente sia da genitori italiani, sia da coppie con un genitore straniero o entrambi i genitori stranieri. La diminuzione però è più marcata per le nascite da entrambi i genitori italiani (con un calo di oltre 16 mila nati rispetto al 2012 e di oltre 70 mila nell’ultimo quinquennio). Questo avviene in larga misura perché le donne italiane in età feconda sono sempre meno numerose, più che per il fatto che si fanno in media meno figli. La fecondità media delle italiane, infatti, è scesa a 1,39, ma era solo lievemente più alta negli anni precedenti (1,42 nel 2012 e 1,45 nel 2008). È il contingente stesso delle potenziali madri ad essere in calo: quasi definitivamente uscite dall’età riproduttiva le donne nate negli anni ’60 del baby boom (ormai in media cinquantenni), le donne che fanno figli oggi in Italia sono nate nella maggior parte negli anni ’80, quando la fecondità era già in forte calo. L’età media alla nascita dei figli (anche questa – tra l’altro – ancora in ulteriore aumento) è, infatti, di 32,1 anni.

schermata2014-12-19a08.41.23Anche i nati con almeno un genitore straniero, che ammontano a poco più di 104 mila nel 2013, pari al 20,2% del totale dei nati a livello medio nazionale, mostrano segnali di cedimento (più di 3.200 in meno rispetto al 2012). Diminuiscono in particolare i nati con entrambi i genitori stranieri, scesi a poco più di 77.700 unità nel 2013, quasi 2.200 in meno rispetto al 2012. Il tasso di fecondità totale delle donne straniere ammonta nel 2013 a 2,1 figli per donna in media, in costante calo dai 2,6 figli in media del 2008. E l’età media delle donne straniere cresce in un quinquennio di un anno, arrivando a 28,5 anni.

Solo i nati da genitori non coniugati non diminuiscono e si mantengono intorno a 133 mila nel 2013; inoltre, a causa della forte diminuzione dei nati da coppie coniugate il loro peso relativo è salito ancora e raggiunge il 25,9%.

Il commento: tra nascite fuori del matrimonio e differenze regionali… nessuna sorpresa!
Ormai non è più una sorpresa che oltre un bambino su quattro nasca in Italia da genitori non coniugati, ma certo il dato fa impressione nel paese prevalentemente cattolico della famiglia “forte” (Mencarini 2011). La progressione è stata rapidissima: da 2 nascite fuori dal matrimonio ogni cento nascite nel 1970, al 10% nel 2000, al 26% nel 2013. Tra l’altro sono più gli italiani che gli stranieri a cambiare il modo di “fare famiglia” e a trascinare l’aumento delle nascite fuori dal matrimonio.

La tabella 1 confronta i nati da genitori non coniugati secondo la tipologia di coppia tra il 2009 e il 2013. I nati da genitori entrambi italiani, infatti, salgono di più di 6 punti percentuali, e registrano un aumentano dal 20,4% al 26,9%. I nati da genitori entrambi stranieri aumentano in modo molto meno marcato, passando dal 15,1% al 16,4%, così come quelli di coppie con padre straniero e madre italiana, che passano dal 30,4% al 37,8%. I nati da genitori in cui la madre è straniera e il padre è italiano registrano addirittura una tendenza negativa, con una riduzione di due punti percentuali.

Meno matrimoni, meno nascite all’interno del matrimonio. Si cominciano ad avvertire in modo evidente le conseguenze del forte calo del numero di matrimoni registrato negli ultimi anni. Nel 2013 sono stati infatti celebrati in Italia meno di duecentomila matrimoni (13 mila in meno rispetto al 2012, 53 mila in meno negli ultimi cinque anni). E i nati all’interno del matrimonio scendono per la prima volta sotto quota 400 mila: nel 2013 non arrivano a 381 mila, quasi 83 mila in meno in 5 anni.

Il declino del numero dei matrimoni inizia negli anni Settanta e prosegue poi sino ai bassi livelli attuali: si passa dagli oltre 300 mila matrimoni nel 1991 a quasi 250 mila nel 2008, fino a poco più di 194 mila nel 2013 (Istat, 12 novembre 2014).

La secolarizzazione dei costumi e quindi anche del modo di “fare famiglia” segue in Italia una tendenza che è già diffusa da qualche decennio nel resto dell’Europa, soprattutto continentale e nordica. Tuttavia, alle motivazioni “ideologiche”, se ne potrebbero essere aggiunte recentemente anche alcune per così dire “pratiche”, anche a seguito della crisi economica. Qualche anno fa il progressivo cambiamento nei progetti degli italiani in tema di formazione della famiglia a seguito della crisi economica fu etichettato come un vero e proprio “sconvolgimento dei piani” (De Rose et al 2011). Da questo punto di vista, un’ipotesi interessante è stata tracciata recentemente da un gruppo di giovani che hanno partecipato a una serie di Focus Group condotti a Firenze (Salvini e Vignoli 2014). Alcuni partecipanti (sia uomini che donne, sia laureati che diplomati) hanno accomunato la valutazione dei costi del matrimonio con quella di avere un figlio. L’idea che il matrimonio (soprattutto quello celebrato in Chiesa) “costi molto” è largamente diffusa. Pertanto l’aspetto economico è decisivo nel momento in cui tutte le risorse vengono investite per un figlio e non è possibile affrontare altre spese. Nell’attuale fase di recessione economica, l’onere finanziario della celebrazione del matrimonio può quindi entrare in competizione con le spese della gravidanza e del figlio.

Ciononostante, i dati delle nascite fuori dal matrimonio per regione, ci mostrano un quadro variegato. A fronte di una fecondità sostanzialmente omogenea in tutte le ripartizioni geografiche italiane, le nascite fuori dal matrimonio (si veda grafico 1) sono molto più frequenti nelle regioni del Centro-Nord Italia rispetto a quelle meridionali e insulari. Inoltre, il grafico ci mostra come in tutte le regioni del Centro-Nord siano gli italiani a trainare il fenomeno, tanto che la differenza tra la percentuale di nascite fuori dal matrimonio di tutti i residenti senza distinzione di cittadinanza e quelli invece italiani è positiva, a dimostrare una frequenza più alta del fenomeno tra gli italiani rispetto alle coppie miste o straniere. Mentre al Sud e nelle Isole non solo la frequenza è molto più bassa, con valori intorno ad una nascita su dieci fuori dal matrimonio in Basilicata e Calabria, ma la differenza tra nascite tra tutti i residenti e gli italiani è negativa, a testimonianza che il fenomeno è più diffuso tra le coppie straniere che tra quelle autoctone.

Quale futuro?
L’aumento delle convivenze e la diminuzione dei matrimoni in Italia sono fenomeni recenti, ma di portata eccezionale. Tali mutamenti si accompagnano anche all’aumento delle nascite fuori dal vincolo matrimoniale. In altri paesi europei il diffondersi di comportamenti meno tradizionali nella formazione delle coppie e nella nascita dei figli è stato il preludio di un aumento della fecondità (è avvenuto nei paesi nordici, ma anche nella vicina Francia, dove oltre la metà dei figli nasce oggi fuori dal matrimonio e la fecondità media è di due figli). Sarà così anche in Italia? Le nuove generazioni affrontano il fare famiglia e l’avere figli in modo meno rigido e preordinato, delineando un regime demografico nuovo, seppure ancora con marcate differenze regionali. In questo processo di mutamento, le famiglie italiane sono però più in affanno che negli altri paesi europei, dove sia la legislazione che i sistemi di welfare sono cambiati insieme alle famiglie. E il risultato di fondo in termini riproduttivi non sembra cambiare, con l’Italia ancora inchiodata nel 2013 a una media di 1,4 figli per donna. D’altro canto il futuro demografico dell’Italia è in parte già scritto perché le madri di domani (per lo meno quelle italiane) non potranno che continuare a diminuire, dato che a fare figli saranno le nate degli anni ’90, quando si è raggiunto un record negativo di nascite, con poco più di 300.000 bambini l’anno.

Per saperne di più
De Rose A., Castiglioni M. e Guarneri A. (2011). Comportamento riproduttivo. In Salvini S. e De Rose A. [a cura di] “Rapporto sulla popolazione. L’Italia a 150 anni dall’Unità”, Bologna: il Mulino, pp. 57-78.

Istat (2014). Anno 2013. Il matrimonio in Italia, http://www.istat.it/it/archivio/138266, pubblicato il 12 novembre 2014.

Istat (2014). Anno 2013. Natalità e fecondità della popolazione residente, http://www.istat.it/it/archivio/140132, pubblicato il 27 novembre 2014.

Mencarini L. (2011) Famiglia e fecondità in Italia: tutto cambia perché nulla cambi?, Neodemos, pubblicato il 22/09/2011

Salvini, S. e Vignoli, D. (2014). Convivere o sposarsi? Bologna, il Mulino.

 

 

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