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Stranieri Studenti

Parliamo molto spesso dei lavoratori stranieri e delle loro famiglie, ma tra i migranti nell’era della globalizzazione non troviamo solo loro. Anche l’aumentata mobilità degli studenti a livello internazionale sta diventando sempre più visibile e importante. Sono pochi, però, gli stranieri che scelgono di studiare in Italia: siamo solo al 25mo posto su 30 paesi OCSE. Il problema diverrà sempre più pressante, incastrato tra le debolezze del nostro sistema universitario e i problemi, anche di natura legale, della gestione dell’immigrazione. Perché è fondamentale cercare di attrarre studenti, o meglio talenti, non “indigeni”? Quali strategie possono favorire l’attrazione di studenti stranieri in Italia?

La ricerca del talento

La ricerca del talento nell’economia globale è fondamentale per l’economia “basata sulla conoscenza”. Una realtà nella costa Ovest degli Stati Uniti; un obiettivo primario, forse solo un sogno, della cosiddetta “Strategia di Lisbona” per la Commissione Europea. Quando le imprese richiedono profili altamente qualificati, ad esempio ingegneri informatici, le possibilità di reperirli sul mercato del lavoro dipendono da decisioni prese dai giovani, e presumibilmente dal sistema scolastico, nel decennio o nei decenni precedenti. Le facoltà scientifiche in Occidente hanno attratto troppo poco. Diventa così necessario attrarre ingegneri informatici dall’estero, a meno che non si vogliano delocalizzare le produzioni basate sulla conoscenza,. Due sono i modi. Primo, competere con il resto del mondo per gli ingegneri informatici già formati, ad esempio nelle prestigiose università indiane. Secondo, attrarre studenti stranieri presso le nostre università, alcuni dei quali rimarranno anche a lavorare e contribuiranno ai più generali processi di integrazione. Entrambe le strategie sono state utilizzate dagli Stati Uniti, le cui università sono spesso state in grado di dare il “tocco finale” nella specializzazione dei talenti provenienti da tutto il mondo.
La classifica delle università
La capacità di attrarre studenti stranieri è uno dei parametri oggettivi che vengono utilizzati nei ranking internazionali delle università. Nel ranking mondiale, molto citato, pubblicato dal “Times Higher Education Supplement” per la terza volta nell’ottobre del 2006, la quota di studenti stranieri, considerata un fattore positivo alla pari della quota di docenti stranieri, pesa per il 5% del punteggio complessivo. Non molto, ma è certamente sufficiente per far cogliere l’importanza che viene assegnata all’internazionalizzazione e alla multietnicità come fattore qualitativo di un’università. Nel ranking generale, purtroppo, l’Italia non se l’è cavata affatto bene. La prima e unica università italiana nel ranking delle prime 200 al mondo, Roma “La Sapienza”, è al 197mo posto (nel 2005 era al 125mo). Nel punteggio relativo alla presenza di studenti stranieri, che è massimo (pari a 100) per la London School of Economics, Roma ha ottenuto solo 6 punti. Analogamente basso è il punteggio (2 su 100) ottenuto per la presenza di docenti stranieri.
L’Italia
I dati del Ministero dell’Università confermano la bassa propensione internazionale delle università italiane. Nel 2004-05, escluse le piccole università per stranieri (Perugia e Siena) e l’ateneo di Bolzano, solo sei università hanno avuto più del 5% degli immatricolati stranieri (Trieste, con l’8,5%, la Bocconi, con il 7,8%, Bologna, Firenze, Brescia, Modena e Reggio Emilia con poco più del 5%). Tra gli iscritti, gli studenti stranieri sono complessivamente il 2,1%, molti dei quali presumibilmente cresciuti in Italia, mentre gli stranieri sulla popolazione residente in Italia sono il 4,1%.
Come possiamo migliorare questa situazione? Innanzitutto, ponendo l’aumento della quota di studenti stranieri come obiettivo per il nostro sistema universitario, facilitandone l’immatricolazione (oggi soggetta a una rigida burocrazia) e concedendo carte di soggiorno senza scadenza per chi ha studiato da noi — oggi invece la permanenza di un laureato straniero extracomunitario è legata all’immediato ottenimento di un contratto di lavoro. Poi, sapendo che partiamo decisamente dalle retrovie, proviamo a imparare dagli altri. Al 24mo posto del ranking mondiale vi è un’università che, grazie al nuovo tunnel di base del Gottardo, si troverà a 90 minuti di treno da Milano. L’Università Politecnica di Zurigo, che vanta 21 premi Nobel (58% dei professori non svizzeri), ha scelto l’inglese come lingua franca nei corsi graduate, anche se sul sito leggiamo che imparare il tedesco “può essere una buona idea” per la vita di tutti i giorni. Dovremo usare l’inglese, dunque, per attrarre i talenti competendo con le altre economie, anche non anglosassoni, che già lo fanno.
Links
The Times Higher Education Supplement http://www.thes.co.uk/worldrankings/
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